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mercoledì 29 maggio 2013

Manuale di scrittura (non creativa)

Titolo: "Manuale di scrittura (non creativa)"
Autore: Marco Santambrogio
Pagine: 268
Editore: Laterza
Rating: 8/10
ISBN: 9788842086406
Link Acquisto (9.50)









Qualche anno fa mi è capitato di vedere questo libro nello scaffale di una libreria. Ero in vena di acquisti ed ho deciso di comprarlo. Fui attratto soprattutto dal titolo, ossimoricamente molto "creativo", che mi ispirò subito simpatia, data l'insofferenza e la diffidenza che ormai nutrivo per tutti i libri e i corsi di "scrittura creativa", specchi per le allodole dove si dicono sempre le stesse banalità e si incoraggia una scrittura piatta e priva di stile che di creativo ha ben poco. Come capita alla maggior parte dei libri che compro, il volume è poi rimasto nella mia biblioteca a riposare per qualche anno finché, un paio di settimane fa, mi sono deciso ad aprirlo.

Dopo la prima lettura, avendolo trovato un buon testo, ho deciso di scrivere la recensione, dato che da qualche tempo su InfinitiMondi trattiamo anche manuali di scrittura (si veda l'etichetta manuale di scrittura). Dico prima lettura perché fare propi i molti concetti esposti nel manuale richiede almeno una seconda lettura, o almeno una seconda lettura è richiesta alla mia mente forse non troppo brillante.


A differenza della stragrande maggioranza dei manuali di scrittura, questo non tratta del testo narrativo, bensì del testo argomentativo. Questo tipo di composizione è alla base di molte forme di scrittura: una recensione, un saggio, un discorso pubblico, una dimostrazione, sono ( o almeno dovrebbero essere) testi argomentativi. Non a caso a scuola ci facevano esercitare con il famoso tema (saggio breve), un'altra forma di testo argomentativo. A scuola però si insegnano la struttura e la forma, non i principi logici, gli accorgimenti linguistici, le figure retoriche e tutte le altre armi che "Manuale di scrittura (non creativa)" ci fornisce.


Chi ha già studiato logica potrebbe trovare banale buona parte del testo, dove vengono esposte le principali regole di inferenza, necessarie ad ogni buona argomentazione; al contrario, i profani della materia potrebbero trovare questa parte pedante e cavillosa. Ad ogni modo, agli uni farà sicuramente bene un ripasso e agli altri sarà necessario apprendere i fondamenti della logica formale prima di passare alle successive analisi.


Dedicando ampio spazio alla logica, il libro non può evitare di menzionare più volte Aristotele, nella cui opera sono già rintracciabili tutti principi base del ragionamento. 

In seguito il manuale illustra come distinguere una buona argomentazione da una cattiva argomentazione tramite l'analisi degli enunciati. Non ci si faccia scoraggiare dall'uso di strani simboli e formule matematiche: come viene spiegato, ridurre gli enunciati a formule è un espediente per semplificare la loro analisi e basterà seguire il manuale per comprendere tutto senza troppi problemi. Tutta la fatica sarà ampiamente ripagata quando saremo in grado di leggere, in un'unica tabella, la forma base di tutti i procedimenti logici utilizzati in ogni dimostrazione dagli Analitici di Aristotele a oggi.


La parte finale è dedicata a illustrare come scrivere un buon saggio, la forma principe del testo argomentativo. Viene indicato cosa tenere presente durante la stesura, quale terminologia scegliere, quale struttura utilizzare e si forniscono molti altri suggerimenti preziosi. Un capitolo è riservato anche a come controbattere a un argomentazione e quali atteggiamenti evitare durante un dibattito.


Quello che più ho apprezzato di "Manuale di scrittura (non creativa)" è la presenza di esercizi per il lettore. Finito di esporre un concetto, Santambrogio ha la premura di fornire un esempio concreto di quanto ha appena illustrato e invita il lettore ad esercitarsi nella sua applicazione concreta. L'apprendimento, come è noto, necessita di pratica oltre che di teoria. Questi piccoli spunti aiutano il lettore\scrittore a fermarsi e mettere in pratica quanto appreso, prima di essere sommerso dall'accumulo di concetti e formule. Anche per questo dico che è un libro da rileggere e studiare con impegno per avvalersene al meglio.

Sicuramente il libro è molto più esaustivo degli schemettini che si insegnano a scuola e si dicosta anche dai classici trattati di retorica, anacronisticamente legati all'oratoria ciceroniana. Forse non è il manuale di scrittura che si cerca in siti come questo, ma io l'ho trovato  più utile di molti manuali di scrittura "creativa", che spesso si riducono a filippiche contro avverbi e gerundi.

- Jacopo Giunchi

domenica 26 maggio 2013

Gli autori di libri senza casa editrice scelgono InfinitiMondi

scrittorindipendenti.com sta per raggiungere i 50000 visitatori

50000 persone hanno visitato il nostro blog. Beh, a dire il vero, mentre sto scrivendo questo post il contatore indica 49477; forse sto portando sfortuna a tutto il sito, ma salvo cataclismi inaspettati, dovremmo raggiungere la cifra nei prossimi giorni.

È passato un anno e mezzo da quando tutto ha avuto inizio con un idea di Andrea Zanotti.
Con il tempo confido ci saranno volonterosi ad affiancarmi nel ruolo di certificatori e qui spiego come candidarsi.
Così scriveva il nostro Zinu nel primo post del blog, e da allora ne ha trovati in abbondanza di "volenterosi" ad affiancarglisi in questo progetto: un esercito di guerriglieri letterari pronti a difendere gli scrittori ingiustamente esclusi dal privé delle case editrici. Tanti sono arrivati, qualcuno se ne è andato, ma tutti hanno lavorato con impegno per fornire contenuti sempre freschi ai nostri lettori. La linfa vitale del nostro sito sono i recensori infaticabili come Vale82 e Unexist: è grazie a loro se adesso stiamo per pubblicare il nostro centesimo post.

Sei mesi sono passati dall'ultimo post di questo tipo, dove festeggiavamo i 10000 contatti. Durante questo tempo il nostro traffico è quintuplicato e riceviamo circa 200 visite ogni giorno. Sappiamo bene che siamo ancora (e probabilmente sempre saremo) una realtà di nicchia, ma siamo ormai emersi dal sottobosco dei molti fallimentari lit-blog, imponendoci come punto di riferimento per gli scrittori autopubblicati. A riprova di ciò, basti pensare all'enorme successo di Stefano Lanciotti, la cui opera è stata promossa con insistenza da InfinitiMondi; la recente scoperta di un autore prolifico come Francesco Bertolino; l'accoglienza ricevuta dai lavori di Andrea Zanotti, fondatore del blog.

 Il segreto del nostro successo? La cooperazione. InfinitiMondi non è il blog personale di qualche velleitario scrittore, ma un collettivo organizzato che riunisce sotto la propia egida autori e blogger accomunati dalla rinuncia ai piccoli individualismi in favore di un progetto più grande, tramite il quale, forse, un giorno sarà possibile affrontare ad armi pari l'editoria.

Ci scusiamo con i nostri lettori, i quali forse avrebbero preferito la consueta recensione domenicale, ma ci troviamo in un attimo di difficoltà per la recente partenza di Unexist, nostro storico amministratore, che ha deciso di dedicarsi alla stesura dei suoi libri. L'intero blog lo saluta con affetto e gli augura tutta la fortuna possibile. Non temete, però: sono già arrivati i rinforzi. Diamo il benvenuto a Pierpaolo, nuovo membro dello staff di cui leggerete a breve qualcosa; vi lascio un link al suo sito perché capiate di che pasta è fatto.

- Jacopo Giunchi

mercoledì 22 maggio 2013

Strategia di Scrittura nº11: Cerca immagini originali


Gran parte del materiale di questo articolo - esempi esclusi - è tratto e/o riadattato dal manuale “Writing Tools” dell’insegnante di scrittura Roy Peter Clark, che ringrazio immensamente!

Jack si fece bianco come un lenzuolo, sullo sfondo nero pece della notte.
Una frase, due cliché triti e ritriti. Complimenti!

“Mai usare una metafora, una similitudine o un’altra figura retorica che sei già abituato a leggere in ogni dove” avverte George Orwell. L’impiego abbondante di cliché letterari sostituisce l’uso del pensiero, come una sorta di modalità di scrittura automatica. “La prosa è composta sempre meno da parole scelte in base al loro significato, e sempre più da frasi pronte, appiccicate insieme come parti di un pollaio prefabbricato” - originale, bravo George! :)

Pensiamo alla classica intervista a calciatori e allenatori, nel dopo gioco: “abbiamo dato tutto”, “abbiamo lottato duramente”, “i rigori, si sa, sono una lotteria”, ecc. ecc., una favolosa miniera di luoghi comuni e frasi fatte! C’è da stupirsi che qualche giornalista sportivo riesca ancora a trovare originalità e freschezza nel proprio linguaggio.

Allora, cosa dovremmo fare noi scrittori coscienziosi e pieni di onesto scrupolo?

Ogni volta che ti senti tentato da una frasetta facile facile, stile “bianco come la neve”, smetti di scrivere e comincia a pensare. Scribacchia varie alternative, gioca con le parole e con le associazioni, impegnati in un avvincente brainstorming fino a raggiungere il risultato sperato.

Proviamoci!

- bianco come la neve
- bianco come il Monte Bianco
- bianco come il Dente del Gigante (che in realtà non ho mai visto innevato in vita mia, ma chissenefrega, in questa fase bisogna far correre la fantasia senza restrizioni!)

Bam! Illuminazione!

Jack si fece bianco come un dente da latte sullo sfondo nero carie della notte.
Può andare: il colore bianco combina con l’immagine del dente e, per vie traverse, con quella del latte. La carie crea un bel contrasto di sgradevole minaccia. Può funzionare o meno, a seconda del contesto, ma è di certo uno sforzo più meritevole del solito bianco lenzuolo - che dopo gli infiniti abusi tanto candido non dev’essere più...

E se proprio non riesco a trovare un valido sostituto? Forse è meglio evitare ogni metafora. A volte un linguaggio chiaro e semplice è la soluzione più valida.

Jack si fece pallido sullo sfondo nero della notte.
Un luogo comune strautilizzato costituisce un perfetto esempio di creatività di primo livello. Classico dei classici - che anch’io devo aver utilizzato un’ottantina di volte:

Sheila sognava con un futuro radioso, ma il suo sogno si trasformò in un incubo.
Spesso scriviamo frasi del genere e ci sentiamo persino arguti, quando in realtà ci stiamo accomodando sul primo gradino della scala della fantasia, quel comodo posticino che ogni scrittore è in grado di raggiungere con un minimo livello di sforzo.

Facciamo un gioco: io ti mostro una situazione e tu hai un minuto per inventare un bel titolo di giornale. Non spiare la “soluzione” qui sotto, per favore!

La situazione é questa: il Signor Rossi sta tornando a casa per pranzo, quando all’improvviso cade in un fossato pieno di alligatori (cosa neanche troppo bizzarra qui dalle mie parti :))

Tre, due, uno, via!!

Fatto?

Se hai scritto qualcosa del tipo:

Mentre andava a mangiare, il Signor Rossi è diventato il pranzo.
benvenuto nel gruppo del primo livello!

Ancora più mortali dei cliché di linguaggio sono i cosiddetti “cliché di visione”, quegli stretti paradigmi che spesso condizionano il modo in cui uno scrittore vede il mondo: la vittima è sempre innocente - negli ultimi tempi, pure l’assassino! - il burocrate è pigro, il politico è corrotto, il poliziotto si rimpinza di ciambelle, e così via.

Non so voi, ma nei miei libri fantasy fa bella mostra di sé (frase fattaaaa) un Saggio dalla lunga barba argentata. Bella idea, era già vecchia ai tempi di Camelot.

Qualche esercizio, come sempre:
  • Leggi un giornale e cerchia tutti i luoghi comuni e le frasi fatte.
  • Fa’ lo stesso con un tuo scritto. Sforzati di sostituire ogni cliché con un’immagine fresca e originale - o accontentati di una descrizione pura e semplice.
  • Cerca alternative alle seguenti espressioni, adorate da grandi e piccini: rosso come il sangue, blu come il cielo, freddo come il ghiaccio, rovente come il fuoco, affamato come un lupo.
  • Ti piace moltissimo un certo scrittore? Non sarà per via dell’originalità delle sue immagini? Cercale tutte, chissà che non ti servano di futura ispirazione!
Image courtesy of digitalart / FreeDigitalPhotos.net

mercoledì 15 maggio 2013

Steven Erikson - Memories of Ice




Titolo: Memories of Ice [The Malazan Book of the Fallen #3]
Autore: Steven Erikson
Genere: epic/military fantasy
Codice ISBN: 978-0553813128
Pagine: 1200
Editore: Bantam
Rating: 10/10
Link acquisto (6,54€ ebook)




Memories of Ice” (MoI) è il terzo libro dell'acclamata serie fantasy “The Malazan Book of the Fallen”, scritta dall'autore canadese Steven Erikson.
Il ciclo presenta un proprio ordine di lettura e non ci si può esimere nel seguirlo, quindi dovrete aver letto i precedenti due volumi prima di potervi gustare questo nuovo capitolo.

ATTENZIONE: la recensione contiene spoiler sui libri precedenti del ciclo, non leggetela se non volete guastarvi la lettura dei prequel.

Per chi fosse curioso sappia che questo MoI è un libro migliore del già capolavoro “Deadhouse Gates” e dell'eccellente “Gardens of the Moon”, roba da far restare a bocca aperta anche il più navigato dei lettori. Leggete questa benedetta saga!


 
Trama
Nel continente di Genabackis è sorto un nuovo e terrificante impero: il Dominio di Pannion, che invade la terra inghiottendo tutti coloro che non si sottomettono al voler del Veggente. Ma una scomoda alleanza intralcia il cammino del re-sacerdote del Dominio: mentre diversi clan di più antica discendenza si accingono a riunirsi, in risposta a un richiamo primordiale, i T'lan Imass insorgono poiché un'ombra cupa e malvagia minaccia il mondo...
 

Ultimo avviso: spoiler sui libri precedenti del ciclo. Non dite che non vi avevo avvisato.

Il genere fantasy, negli ultimi anni, ha visto allungare esponenzialmente il numero di pagine per romanzo. Difficilmente troverete qualcosa sotto alle 400 pagine che valga la pena di essere letto (mi viene in mente solo Gemmell), mentre i più grandi capolavori del genere superano tutti le 500 pagine/libro.
Perfino chi è abituato a tanta lunghezza, però, potrebbe esitare di fronte ad un tomo di 1200 pagine come MoI. E' comprensibile, avevo anch'io i miei dubbi. Per un attimo mi ero dimenticato quale serie stessi leggendo. Non fatevi condizionare dalla lunghezza dello scritto, perchè alla fine vi ritroverete a desiderare che fosse stato molto più lungo.

MoI è il sequel diretto di “Gardens of the Moon”.
Ritorniamo sul continente di Genabackis a seguire le vicende dell'esercito Malazan comandato da Dujek Onearm.
Dopo gli eventi di Daruijistan, l'armata Malazan su Genabackis viene dichiarata fuorilegge dall'Imperatrice Laseen e abbandonata a se stessa.
10000 uomini e donne seguono fedelmente l'inossidabile Dujek e tra di essi non mancano la trentina di Bridgeburners scampati alla morte nelle gallerie di Pale. I Bridgeburners, la migliore unità militare mai creata per un libro fantasy. Nel primo libro, pur avendo dei ruoli principali, questo gruppo di soldati è stato abbastanza snobbato da Erikson, perchè GotM aveva l'obbiettivo di introdurre il lettore nel gigantesco mondo Malazan e non di entrare nello specifico sui personaggi. In MoI capirete perchè questo piccolo gruppo di uomini e donne è idolatrato dai fan, perchè il loro motto è “first in, last out”.
In realtà, come sappiamo già dal libro precedente e ci viene ribadito nel primo capitolo di MoI, l'espulsione dell'armata di Dujek dall'Impero Malazan è una mossa politica di Laseen per permettergli di allearsi con Caladan Brood e Anomander Rake, per fronteggiare insieme la nascente minaccia del Veggente Pannion nel centro del continente.
Al capo opposto di Genabackis si forma un altro esercito, composto da 7 elementi con poteri formidabili, completando così la tenaglia pendente sull'enigmatico Pannion. In questa formidabile armata troveremo la “Prima Spada” dei T'lan Imass, la figlia di una divinità decaduta, due canidi molto particolari e una spedizione punitiva formata da 3 elementi del gruppo etnico denominato “Seguleh”. A questi si aggiunge uno dei personaggi migliori dell'intera serie, ritenuto morto dopo gli eventi del primo libro. 
  
Questo è, in breve, il riassunto delle premessedel libro.
Ho omesso molti elementi causa lunghezza, per esempio il Raduno dei T'lan Imass, la città di Capustan, Bauchelain e Korbal Broach, divinità varie che vogliono mettere il naso nelle faccende dei mortali e tanto, ma tanto, tantissimo altro ancora.
Nonostante la mole del libro la lettura è molto più scorrevole dei precedenti volumi, perchè a questo punto conosciamo già la maggior parte dei personaggi e la base del mondo Malazan. Ovviamente nuovi personaggi fanno la loro comparsa, tra tutti voglio citare Lady Envy, Itkovian e Gruntle, tra i migliori in assoluto. Conosceremo meglio i protagonisti del primo libro e impareremo ad amarli e rispettarli.
Se già non l'avevate capito, Erikson sfrutta sapientemente l'uso dei punti di vista “inattendibili”, quindi i cattivi possono trasformarsi in vittime e i buoni in cattivi. MoI è il libro che fino ad ora, più di tutti gli altri ci presenta vicende da punti di vista differenti. Basti pensare alla guerra T'lan Imass/Jaghut, all'armata di cannibali chiamata “Tenescowri”, alle divinità e all'Impero Malazan stesso.
Adottando questo stile, pur essendo straordinariamente difficile da gestire, si riescono a creare intrecci e a dare prospettiva al world building. Non a caso in una precedente recensione ho scritto che i libri Malazan forniscono la storia di un mondo intero, non solo di semplici personaggi.
Erikson ancora una volta riesce a creare immagini stupefacenti nella mente dei lettori con uno stile di scrittura “spoglio”, ma efficace. Pagherai denaro sonante per vedere alcune scene girate al cinema con i più recenti effetti speciali.

Mentre leggevo il libro mi segnavo mentalmente alcuni commenti che avrei voluto fare in questa recensione, ma davvero, sarebbero superficiali, spoilerosi e sarebbero tempo sprecato per gli eventuali lettori della serie.
Questo libro è il pinnacolo del fantasy ad “alto contenuto di magia”*, roba da far impallidire Tolkien stesso e tutti gli altri autori del calibro di Robert Jordan, Robin Hobb e Brandon Sanderson. Solamente la serie A Song of the Ice and Fire è qualitativamente al livello dei libri Malazan, ma il paragone non regge visti i diversi contenuti di sovrannaturale e di “scopo”.

Memories of Ice è il libro che ogni scrittore sogna di creare.
Personaggi formidabili, world building solo un passo al di sotto della leggendaria Terra di Mezzo, trama mozzafiato e ricca di colpi di scena, profondità, filosofia, la prospettiva che abbraccia un mondo intero, risate, lacrime.
Una cavalcata di 1200 pagine che incollerà alle pagine i lettori più esigenti e pazienti, ma altamente sconsigliata per chi cerca un libro solo per riempire del tempo libero. Bisogna dedicarsi ai romanzi Malazan con tutto il proprio essere e mantenere il cervello funzionante durante la lettura, altrimenti anche voi vi unirete agli innumerevoli lettori a cui questa saga non piace perchè “complicata” e fuori dagli schemi. Addirittura alcuni si spingono più in là, definendo “Gardens of the Moon” un'accozzaglia di personaggi ed eventi messi insieme a caso. Dopo aver finito MoI potrete unirvi a me nel deridere questi commenti, oppure impietosirvi alla vista di lettori che sprecano dei libri così grandiosi a causa di un grado di sfida più elevato del solito. La televisione ci ha abituati troppo bene, per fortuna Erikson è giunto in aiuto di chi vuole prodotti d'intrattenimento che richiedano l'uso della materie grigia.

Traduzione italiana
Gli editori italiani non si smentiscono: trovano un libro più voluminoso del solito e cosa fanno? Colgono l'occasione al volo, trovano un punto a caso nel testo e lo dividono in due volumi. Il doppio del guadagno sulle spalle del lettore che è obbligato a spendere 3 volte in più dei suoi colleghi inglesi a causa dell'ingordigia delle case editrici nostrane.
Notare il numero di pagine complessivo dei due volumi: meno di 1100. Davvero ci volete far credere che non avreste potuto pubblicare il libro in un volume unico?
La Bantam e la Tor l'hanno fatto nelle versioni economiche, figuriamoci se l'Armenia non poteva farlo nella versione rilegata da 15€, l'unica disponibile.
Tra l'altro, guardando le pagine dei libri su Amazon (parte uno e parte due), sono presentati con la stessa identica copertina. Voglio sperare che sia un errore di caricamento dell'immagine, perchè se non fosse così sarebbe una colossale presa per i fondelli.

sabato 11 maggio 2013

"L'astronave dimenticata" AA. VV. [Rating: 4-]

Titolo:    L'astronave dimenticata
Autore:  Luigi Brasili, Roberta Di Pascasio, Marco Muzzana, Nicola Colaianni
Genere: vari
Pagine:  48
Editore: La Tela Nera 
Rating:  4-
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Piccola raccolta di racconti brevi di argomento vario; non ci si faccia ingannare dalla dicitura "vincitori del concorso Nero Premio": si tratta di un concorso stagionale gratuito in cui non si vince null'altro se non la pubblicazione del racconto in uno di questi librettini, rigorosamente digitali e distribuiti gratuitamente. Trattandosi solo di quattro storie poso permettermi di dedicare a ciascuna una minirecensione.



"L'astronave dimenticata" di Luigi Brasili.

Il primo racconto che leggiamo e che dà il nome a tutta la raccolta; è di genere fantascientifico nel senso più classico del termine. La prosa di Basili è fredda e asettica, molto precisa e addirittura puntigliosa nella terminologia. Questo funziona benissimo con lo stile della prima parte del racconto, dove si adotta un narratore onniscente che ingenera una sensazione di distacco dalle vicende. Nella seconda parte si assiste a un progressivo avvicinamento ai personaggi con un aumento del carico emozionale che sfocia nel patetismo del finale. Tutto sommato racconto che fa il suo mestiere, ma risulta innegabilmente scialbo: trama molto lineare e argomento un po' banale (astronave che indaga sulla scomparsa di un'altra astronave) già visto in popolari film di fantascienza.

"I confini del gioco" di Roberta Di Pascasio.

Racconto fresco e carino dove incontriamo alcuni beniamini della nostra infanzia che popolavano i cartoni animati. Un uomo affetto da un kafkiano malessere si ritrova in una clinica che si occupa di curare supereroi o personaggi dell'animazione giapponese e disneyana. Troveremo una Paperina infermiere, una Candy Candy afflitta da emicranea, un Lupin in crisi di mezza età e altro. Nonostante sia piacevole leggere di questi personaggi l'autrice non è stata molto attenta nel dare loro vita ; ad esempio Pikachu, il più famoso dei pokemon viene appunto descritto con il generico appellativo di "pokemon", Candy Candy non si riferirebbe mai a sé stessa con questo nome, mentre nel racconto avviene, Lupin si lamenta del fatto che non gli facciano fare sesso, mentre è noto che è solo un'epurazione della censura italiana; insomma i cartoni della storia "escono dai loro personaggi" per diventare qualcosa di diverso e poco riuscito. Il racconto, a parte la piacevole idea, è inconcludente e non si cura nemmeno bene di spiegare la situazione al lettore, ponendosi unicamente come una sorta di divertissement, che nasconde un finale dal sapore macabro in netto contrasto con i toni del resto del testo.

"Il Tamagotchi" di Marco Muzzana

Un esempio di bassissima letteratura. Questo racconto abbassa da solo il rating di tutta la raccolta e la sua presenza nella "selezione" operata da La Tela Nera la dice lunga sulla loro credibilità. Comincia con una bizzarra analisi del rapporto tamagotchi-padrone, che maschera una più macabra realtà, poi scade dopo poche pagine in un erotismo di dubbio gusto. Il tutto presentato caoticamente e inserito in una cornice dall'incerta natura (fantascientifica? satanista? sogno malato?). Non merita i byte su cui è salvato e  lascia il lettore con molti punti interrogativi e un'espressione di disgusto nel volto.

"Black Dog" di Nicola Colaianni

Il miglior racconto dell'antologia. Colaianni ci presenta una storia accattivante, surreale e introspettiva. I personaggi, ovvero un assassino e il suo cane nero, risultano concreti e interessanti, facendoci entrare a fondo nella dinamica del loro rapporto, che è il pretesto per dare un profondo spunto di riflessione esistenziale. Il luogo e il tempo rimangono indefiniti così come i nomi dei personaggi conferendo a tutto il racconto un'aria spettrale e impersonale, ma allo stesso tempo vengono esplorati in maniera molto intima i pensieri e le inquietudini del protagonista, dimostrando come sia possibile, anche nel caso più anormale, comprendere ogni essere umano. E forse persino un cane. Prosa ancora un po' acerba e frequente ricorso al dialogo come strumento narrativo privilegiato, specialmente il dialogo uomo-cane che sostituisce il dialogo interiore del protagonista. In ogni caso un ottimo soggetto che vale la pena di leggere, a differenza dei racconti precedenti.

Conclusione

Come è possibile leggere nelle minirecensioni il livello generale non è dei più alti, quando non propio robaccia (Tamagotchi). Il "libro",  come i singoli racconti, è molto corto ed è quindi un po' presuntuoso presentarlo come tale. Parlando di numeri, il volume consta 48 pagine, di cui 8 di prefazione, links, sommario e ringraziamenti vari, e altre 10 che recano l'intervista del vincitore e le biografie degli autori e persino quella della modella della copertina. Rimangono 30 pagine divise fra i quattro racconti. Un volume quindi, con pochissimi contenuti e molta fuffa il cui scopo principale è quello di autoreclamizzare La Tela Nera che sforna molti di questi ebook sfruttando i velleitari autori che gli inviano il loro materiale. Inoltre si fatica a individuare un filo conduttore tra i racconti che spaziano dalla fantascienza all'horror a racconti dalla difficile collocazione; forse l'unico punto comune è un finale inquietante che suggerisce l'incombere della morte e giustifica in qualche modo la dicitura "Quattro storie per non dormire" che si legge sulla copertina.

domenica 5 maggio 2013

Corner's Church di Matteo Zapparelli [Rating 6]





TITOLO: Corner's Church
AUTORE: Matteo Zapparelli
GENERE: Thriller
PAGINE: 194
RATING: 6/10
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Oggi cambio genere e vi presento il Thriller autoprodotto, scritto e diretto da Matteo Zapparelli.
Come oramai saprete non siamo proprio nel mio ambito, quindi ci andrò con i piedi di piombo. Tuttavia a suon di film, telefilm e qualche romanzo, il genere non mi è del tutto sconosciuto.
Premetto subito che l’ebook è ben fatto e la storia narrata scorre gradevole e senza problemi di sorta, facendoci scoprire un'altra pregevole penna indipendente.


 
Tuttavia non posso esimermi dall’esprimere una certa delusione, poiché a mio avviso il romanzo soffre di una pecca “grave”, ossia la mancanza di originalità.
Intendiamoci non che la storia narrata sia priva di suspense o quant’altro, ma da uno scritto indipendente, non soggetto alle gabbie imposte dall’editoria tradizionale, mi sarei atteso qualche spunto più coraggioso in un genere, quello Thriller appunto, che troppo spesso presenta i medesimi copioni.
Quindi, valutate voi, miei cari lettori.
Per alcuni il fatto che Corner’s Church potrebbe tranquillamente essere proposto da un editore tradizionale potrebbe essere sicuramente un pregio.
Per chi come me invece vede nell’autopubblicazione la possibilità di sbizzarrirsi nella massima libertà, è un’occasione mancata.
Entriamo nel merito.
Ci troviamo alle prese con il solito serial killer e il solito agente (Snyder, detto il Biondo) che dedica la propria vita al suo inseguimento.
I due vengono catapultati nella tranquilla vita di un paesino di provincia americano, Chorner’s Church per l’appunto, sconvolgendone inevitabilmente la quiete.
Fra un omicidio brutale e l’altro arriveremo così al gran finale, con sfida tipo O.K. Corral e sorpresa conclusiva (che poi tanto sorprendente non è, se un non-esperto come me era riuscito a fiutarla già da un po’…).
Ad ogni modo, a scanso di equivoci, torno a ripetere che la lettura è piacevole, le concitate fasi finali, anche se prevedibili, invogliano la lettura, pagina dopo pagina e di questo va dato atto allo Zapparelli.
Senza entrare troppo nello specifico per non finire col darvi imbeccate che possano rovinare la vostra esperienza, posso affermare che il protagonista, il Biondo, è ben tratteggiato e si discosta sin da subito dal classico “buono”, fornendo uno spunto di originalità.
Tuttavia vanno segnalate alcune forzature piuttosto pesanti a livello di trama, una su tutte il cambiamento repentino della visione del mondo proprio da parte del protagonista.
Cambiamento funzionale e indispensabile all’evolversi della storia, ma gestito a mio avviso in modo troppo sbrigativo da parte dell’autore, col rischio di renderlo poco credibile.
Idem dicasi per la donna che origina tale mutamento.
Il suo infatuarsi del Biondo pare gestito in modo eccessivamente sbrigativo, inficiando la credibilità del tutto.
La prosa si mantiene su buoni livelli, il tono è quasi sempre adeguato, salvo alcune (rare) occasioni in cui l’autore si lascia scappare qualche frase più adatta al linguaggio parlato e in cui pare un po’“svogliato”.
Alcuni errori e ripetizioni avrebbero certamente potuto essere eliminati con un buon editing incrociato.
Un esempio su tutti: la ripetizione assillante del soprannome del protagonista in alcuni spezzoni dell’ebook… in una pagina avrò letto “Il Biondo” almeno una ventina di volte.
E’ una disattenzione da niente in realtà, sono il primo a dirlo, ma al lettore finisce col dare un senso di amatorialità al testo che invece non si meriterebbe.

In conclusione l’ebook rimane comunque godibile, scorre veloce senza intoppi seri e risulta quindi una gradevole lettura capace sicuramente di emergere nella marea delle autoproduzioni di dubbio valore in circolazione.
Metto un 6 anche se sarebbe un 6,5.
Odio le mezze misure e sono sicuro che l’autore saprà offrirci qualcosa di ancora migliore alla prossima occasione.
Le qualità e la scioltezza nel dar vita ad un mondo immaginario già si vedono!