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domenica 18 dicembre 2022

Recensione: Anabasi Project, il lato oscuro del metaverso di Andrea Zanotti [Rating 8] - recensione a cura di Peg Fly

 


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Opera: Anabasi Project: Il lato oscuro del metaverso

Autore: Andrea Zanotti

Genere: distopico

Prezzo: ebook 3,99 - cartaceo 14,50

Target: Young/adult

Anno: Pubblicazione indipendenti (23 September 2022)

Rating: 8

Sinossi:

Anabasi Project è un potente gioco, una realtà virtuale che va oltre i confini dell’umano, regalando il Paradiso ai vincitori e condannando i perdenti all’Inferno. Chi è coinvolto in questa sfida metterà in palio la sua stessa anima e andrà incontro a una spietata realtà.


Recensione:

Anabasi Project è l’ultima creatura di Andrea Zanotti, un distopico che affronta il tema del Metaverso attingendo spunti dalla Cabala e dal Cristianesimo. Un esperimento con il quale ha voluto tornare alle origini della sua passione per la scrittura, realizzandolo in autonomia, gestendo il processo creativo interamente. Alla fine si ritiene soddisfatto.

Cos’è il Metaverso?

Spiegazione dovuta ai lettori del bravissimo autore:

Il metàverso non è altro che un concetto di spazio online, 3D e virtuale che collega tra loro gli utenti, in tutti gli aspetti della loro vita. Questo concetto porterebbe al collegamento di più piattaforme tra loro, proprio come al giorno d’oggi Internet, tramite un unico browser, permette l’accesso a diversi siti web. 

Il concetto è stato sviluppato nel romanzo fantascientifico Snow Crash di Neal Stephenson nel 1992. Tuttavia, sebbene in passato l’idea di un metaverso fosse solo finzione, ora sembra che potrebbe diventare realtà in futuro. A grandissime linee, il romanzo Snow crash racconta la storia di Hiro, un corriere/haker squattrinato che consegna pizze per conto della mafia e che nel tempo libero cerca di alzare qualche soldo extra vendendo informazioni private a una società nata dalla fusione della CIA e la Library of Congress. E queste informazioni le recupera nel Metaverso, una sorta di realtà virtuale alla Second Life.

Il metaverso sfrutterà la realtà aumentata, dove ogni utente sarà in grado di controllare un personaggio o un avatar.

Il metaverso non esiste ancora del tutto, ma alcune piattaforme contengono alcuni elementi che si avvicinano molto a questo concetto. I videogiochi offrono attualmente l’esperienza di metaverso più vicina a questa idea. 

Ora veniamo a noi.

“Una profferta al giorno per edificare il Regno dei Cieli e una per guadagnarti l’accesso.” Così cantilenano incessantemente le pubblicità chimeriche per promuovere Anabasi Project, la più popolosa realtà virtuale online.

Possibile che miliardi di giocatori abbiano risposto all’anacronistico lancio pubblicitario del proprietario della Fanasol Corporation? Oppure è l’effetto dei Doppi Dollari, offerti in premio a smuoverli? Un gioco che permette la scalata sino alle porte del Paradiso, capace anche di spalancare quelle dell’Inferno. Un viatico verso un transumanesimo che può essere liberatorio, oppure una condanna per l’umanità?

A cimentarsi nell’impresa di sollevare i veli sull’inconoscibile, un bibliotecario, una madre che ha visioni celestiali, un’adepta del portatore di Luce e un ex alcolizzato.

Fra scenari distopici ed echi di leggende esoteriche vecchie di millenni, ciò che verrà a galla sarà una spaventosa verità.

La vasca di deprivazione sensoriale è uno strumento perfetto per godere appieno delle potenzialità di Anabasi Project, che non è altro che un importante gioco, di una realtà virtuale che supera i confini dell’umano, regalando il paradiso ai vincitori e l’inferno ai perdenti. Chi sarà coinvolto in questa sfida metterà in gioco la sua stessa anima e andrà incontro a una spietata realtà.

Il libro inizia con riferimento a Jacques Ellul, Anarchia e Cristianesimo e prosegue con il primo capitolo, con il quale l’autore ci introduce in media res in quelle che sono le tematiche della storia.

Le parole danzano soffermandosi su simboli e oggetti come pergamene illuminate dalla luce soffusa delle candele. Un personaggio misterioso e quanto mai ascetico: Niccolò, che contempla la Sephirah Kether dall’aspetto di una corona reale, quella della Creazione, sede dell’Arcangelo Metatron e motore della vera Magia. 

Comprensione, Saggezza, Forza, Misericordia, Bellezza, Gloria, Vittoria, Fondamento, Regno. Queste sono le tematiche all’interno di tale romanzo distopico senza veli e affascinante, dove le parole scorrono sotto gli occhi del lettore con il potere di incantare trascendendo dalla realtà dalla vita di noi mortali. 

Irresistibile il riferimento al diagramma dell’Albero della Vita che racchiude l’intero creato e che emana un fascino trascinante. Ci sono demoni che attaccano il Necromanteion e chi cerca di difenderlo.

La riforma è importante per poter consumare e riallineare, questo è il destino che aspetta a un eretico come il nostro personaggio. Deve fare attenzione a non farsi scoprire, è costretto a tenere per sé i suoi pensieri sacrileghi. Perché lui sa che il male esiste in ogni dove. E le domande gli arrovellano il cervello e lo inducono a meditare a lungo. Niccolò riesce a comprenderlo con chiarezza, nonostante non sia la prima volta. Tuttavia, a un certo punto il percorso intrapreso nelle sue ricerche prende una svolta decisiva. Se ne rende conto quando l’Albero della Vita cabalistico che ha di fronte a sé lo scopre sotto una luce diversa. Già. Sono le Leggi dell’Universo in esso contenute che ora gli appaiono più oscure del solito, come se tutto ciò che aveva esplorato fino ad allora, si fosse modificato lasciandolo senza punti di riferimento su cui appigliarsi. I pensieri di Niccolò si perdono nella brillantezza della Sephirah, il cui colore rosso carminio lo destabilizza, ma è a questo punto, che nella sua mente si fa strada un ricordo: alla Sephirah è legato il Dio della Guerra: Marte.

Considerazioni personali: Che dire, la scrittura narrativa di Andrea Zanotti per me non è una novità, ma devo ammettere che con questo romanzo distopico si è davvero superato. 

La parte più consistente e incisiva la troviamo nei dialoghi ottimamente impostanti all’interno del testo.

Le descrizioni degli ambienti non scendono mai nel banale e nemmeno sono da considerare ponderose o scontate. Molto aiuta alla lettura i periodi non elaborati ma di una semplicità che accarezza la mente di chi legge.

Il lessico, sebbene in questo testo distopico sia richiesto quello ricercato, a quanto pare, l’autore è riuscito a esprimersi in modo chiaro ed esaustivo.

Superba la caratterizzazione psicofisica dei vari personaggi, che aiutano il lettore a comprenderne gli stati d’animo e le azioni che a mano a mano compiono o sono costretti a compiere.

Inoltre, penso che sia importante capire attraverso le metafore introdotte nel testo, se l’autore voglia mandarci un messaggio o più di uno. Quale? Beh, dovreste leggere il libro per scoprirlo.

Ovviamente, nel domandarvelo dovreste anche rispondere a queste domande introdotte in un testo che ha una consequenzialità logica e mai lasciata al caso. 

Dunque, posso affermare, che non solo un aspetto dell’opera mi ha colpito, ma l’insieme delle tematiche trattate con delicatezza e senso critico che non guasta mai.

La storia in sé non è solo metaverso, ma lascia all’interno dell’animo del lettore emozioni che portano dentro sino alla parola “fine”. Emozioni che ti portano a riflettere, su cosa veramente ci riserverà il futuro (a parte la fredda comunicazione sui social) Così, la prima domanda che mi è venuta in mente leggendo il romanzo è stata questa: Saremmo ancora in grado di sviluppare la giusta empatia che ci servirà a comunicare con gli altri?

Davvero un’opera in cui l’autore riesce a introdurre quel realismo dei cinque sensi sviluppati all’ennesima potenza, e con i quali riesce a proiettarci all’interno di dimensioni spazio/temporali unici, ma non molto distanti dalla realtà.

Il libro, scritto in terza persona, lascia fluire i pensieri dei protagonisti come se fossero all’interno di una pellicola a volte in bianco e in nero altre volte in un’esplosione poliedrica di colori affascinanti e abbaglianti, in cui si viene a creare una certa empatia tra lettore e narratore, grazie appunto alla descrizione perfettamente sequenziate dall’autore.

Non mancano, poi, le scene cruente nelle quali si mescolano quelle dell’amicizia, sensazioni emozionali del rapporto umano e dell’amore. La suspence si evince dallo scorrere della narrazione, dalle immagini ben delineate e paesaggistiche dei luoghi dove la storia è ambientata.

Lo consiglio a tutti gli amanti del genere e non.

Complimenti davvero all’autore. Voto: 8


Peg Fly



lunedì 12 dicembre 2022

Recensione: Rain of Pain, Ricerca di Catarsi nella Vendetta di Maurizio Maltese [Rating 8] - recensione a cura di Dada Montarolo

 


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Titolo: Rain of pain, Ricerca di Catarsi nella Vendetta 

Autore: Maurizio Maltese

Editore: Pubblicazione Indiendente

Rating: 8

Genere: Thriller, hard-boiled

Prezzo: Per la versione italiana Euro 3,89 ebook, Euro 9,14 copertina flessibile, Euro 17,98 copertina rigida.

Per la versione inglese Euro 5,25 ebook; Euro 9,33 copertina flessibile; Euro 18,72 copertina rigida.


Sinossi:

Job Godspeed è uno “sweeper”: un sicario della malavita. Una volta però era un poliziotto newyorkese. Uno dei migliori. Gli strapparono sua moglie e sua figlia e, dopo una vendetta goffa e monca, rinacque sotto le grinfie di un boss potente e manipolatorio, che lo tirò fuori di prigione e lo rese una macchina omicida perfetta.

Un giorno scoprì di essere stato tradito, ed allora il cane da guardia della mala si trasformò in un giustiziere senza pietà.

Questa è una storia di dolore. Non di redenzione, ma di punizione. Alla ricerca di pace interiore con i colpi di pistola. Una mente fratturata ed un animo storpiato cercano la chimera della Giustizia in un mondo corrotto, dove solo la violenza ha voce in capitolo.


Recensione: 

Ho un debito di riconoscenza verso Maurizio Maltese. Senza di lui non avrei conosciuto l’alternative/groove metal, parole che mi rimangono ancora ostiche ma che hanno fatto da chiave per entrare in un mondo musicale finora sconosciuto. Tutto è nato dal titolo del lungo racconto dello scrittore spezzino: quel “Rain of pain” mi rintronava nel cranio, appena ho avuto il testo davanti, ancora prima di leggerlo, ho deciso di avventurarmi alla ricerca dell’origine di una tale scelta titolosa e per istinto mi sono rivolta all’universo delle sette note. 

Uno dei pochi contatti seri con la musica contemporanea l’avevo avuta tempo fa intervistando il maestro Azio Corghi: avevamo parlato a lungo del prologo “Parole gelate” dalla sua opera lirica “Gargantua”, una composizione a metà fra inferno e carnevale, di sofisticata esasperazione. Ritrovarmi alle prese con la band Mudblood e il loro roco sussurio Rain of pain in apertura del brano “Exist or fade” è stata un’esperienza a dir poco singolare. Non so se Maltese si sia ispirato a loro o viceversa, non so se la scelta di quelle tre parolette sia stato un caso fortuito di “corrispondenza di amorosi sensi” fra lo scrittore e i musicisti.

So però che mi hanno riportato alla mente proprio quelle “Parole gelate” del compositore piemontese. Perché il testo di Maltese è crionico, costruito sul ritmo di una pioggia raggelante di apparente assenza di emozioni, inquietante nella rassegnata, lucida costruzione di una catarsi studiata a tavolino, con dissonanze talvolta selvagge, talvolta addomesticate.

Di per sé la storia è quasi banale: un ex poliziotto cerca e trova vendetta per la strage che gli ha distrutto la famiglia. Nella bella, esaustiva introduzione (ma perché molti scrittori non fanno lo stesso? Eviterebbero al lettore rocambolesche evoluzioni fra supposte interpretazioni e dubbi destinati a restare tali anche a fine lettura) Maltese evoca, per esempio, le truci interpretazioni di Bruce Willis e spiana la via all’immaginazione di chi sta per leggere aggiungendo pure altri rimandi corposi a film, personaggi, storie.

Persino i comprimari sembrano scontati: il boss Sullivan irlandese con tanto di barbetta rossiccia (possibile non esistano irlandesi cattivi di nero pelo, vien da chiedersi); il vecchio Walken, killer algido e impermeabile anche alle ferite più mortali; Aeris, la mogliettina perfettina, innocente origine di ogni guaio. Senza dimenticare il gesto tenerello dell’assassino, prossimo a compiere una strage, per salvare una coppia di creaturine che di solito finiscono spiaccicate sull’asfalto; o le sue cazzutissime armi, Deimos e Phobos. O ancora la capacità del protagonista di volteggiare in aria schivando pallottole e coltelli, a metà strada fra Matrix e Zorro. Eppure, in mezzo a tanta ovvietà, Job Godspeed, il protagonista, fin dalle prime righe è un diamante nero di sfavillanti, repentini bagliori nella dolorosità della vicenda e continua a splendere di oscurità fino al gesto finale che non è sconfitta ma, appunto, salvifica catarsi. Sembra quasi, a ultima parola letta, che Maltese abbia volutamente riempito il suo racconto di ovvietà per far risaltare meglio e illuminare con un abbacinante occhio di bue quanto sia difficile trovare soluzione a una tragedia. Qualsiasi tragedia.

Il linguaggio è lineare, tecnico come un manuale d’uso per le armi, a tratti fumettistico tanto le azioni si accavallano, sovrapponendosi in una tridimensionalità che lascia poco all’immaginazione del lettore ed è un bene perché il ritmo della narrazione è eccellente e qualsiasi deviazione distrattiva toglierebbe dinamicità.

Singolare pure l’anticipare, fin dal sottotitolo, l’evolversi della storia, quasi una provocazione rivolta al più classico degli schemi costruttivi di una storia, come se Maltese volesse riscrivere la grammatica della drammaturgia. Ma è questione per ora irrisolta, vedremo in futuro come l’autore evolverà. Qualche piccola sbavatura qua e là, qualche minuscola imperfezione ma nulla che sottragga sostanza al lavoro.

Esiste anche una versione in inglese del racconto, encomiabile iniziativa che speriamo trovi un giusto riscontro, se non altro per premiare lo sforzo di spingersi oltre i confini della nostra lingua con tutti i rischi e le incognite di una tale scelta.

Voto: 8.

martedì 6 dicembre 2022

Recensione: Promessa di sangue di Brian McClellan

 


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Sinossi:

All'indomani del colpo di stato che ha posto fine alla monarchia, Adro si trova paralizzata dalla guerra civile. La sollevazione del feldmaresciallo Tamas ha spedito gli aristocratici corrotti alla ghigliottina e ha finalmente garantito pane al popolo affamato. 

Ma ha anche dato il via al conflitto tra le Nove Nazioni, ad attacchi interni condotti dai partigiani realisti e a una lotta senza quartiere tra i presunti alleati di Tamas – Chiesa, sindacati e mercenari –, dilaniati dalla brama di denaro e potere. Tamas può contare solo su uno sparuto gruppo di fedelissimi, tra i quali il Pulvimante Taniel, abile tiratore nonché suo figlio, e Adamat, ex ispettore di polizia la cui lealtà è messa a dura prova. 

Come se tutto ciò non bastasse, adesso c'è chi parla di presagi di morte e distruzione. Sono solo vecchie leggende sugli dei che si svegliano e tornano a camminare sulla Terra. Nessuna persona appena istruita e sana di mente ci crede più. Eppure dovrebbe…


Recensione:

Promessa di Sangue di Brian McClellan, un fantasy alternativo a lungo atteso. Per la precisione si tratta di un flintlock fantasy, ossia un’ambientazione fantastica con l’innesto di arma da fuoco che utilizzano un meccanismo di accensione a pietra focaia. Per semplificare le cose si può tranquillamente approssimare dicendo che al contrario dei classici fantasy che hanno un retroterra medievaleggiante, questo ha come ispirazione l’epoca napoleonica, con tanto di uniformi e alamari in bella vista. Che dire, a me affascina molto. Non si tratta del primo esperimento uscito in lingua italica. Ricordo con un misto di piacere e rabbia la spettacolare saga di Django Wexler, I Mille nomi, inspiegabilmente troncata e abbandonata al secondo volume da quegli sconsiderati di Fanucci Editore.

Ecco, il punto è proprio questo. McClellan sfodera un buon romanzo, e mi auguro che i tipi della Mondadori, abbiano il buon senso di portare a compimento l’intera saga dei Pulvimanti, ma ci sono degli aspetti che mi sarei atteso fossero meglio sfruttati. 

Che senso ha ambientare la propria vicenda in un’epoca di polvere e pallettoni se non la sfrutti per mettere in campo battaglie campali con eserciti sterminati, corazzieri, dragoni e batterie di cannoni di tutti i calibri? Inspiegabile. 

In Promesse di Sangue l’unico scontro su larga scala è un assedio che viene tenuto piuttosto come sfondo per le vicende principali. A tal proposito consiglierei all'autore di leggersi L'eroe di Trafalgar: Le avventure di Richard Sharpe per farsi un'idea di come possa essere reso in modo superbo un assedio in epoca napoleonica. 

Insomma, Promesse di sangue mi pare un’occasione persa per sfruttare appieno l’elemento cardine e il valore aggiunto più importante di una tale ambientazione.

Di certo il romanzo ha molti altri spunti interessanti, a tratti riesce a sfoderare personaggi realmente imprevedibili, cattivi il giusto, anche quelli che sono i “buoni” per intenderci, e delle “classi” di personaggio abbastanza originali. Certo poi si scade in dei clamorosi eccessi da deus ex machina che fanno porre al lettore molte domande sul dipanarsi di mille avventure per poi scoprire che la soluzione vincente era sempre stata a portata di mano… non scendo più nei particolari per non rovinarvi del tutto la “sorpresa”, anche se non credo che risulterà tale, a meno che uno non legga il romanzo distratto da un tornado che lo sta trasportando nel mondo di Oz. Confido il seguito possa essere migliore, perché, ripeto, i presupposti per creare qualcosa di realmente originale e soddisfacente ci sarebbero proprio tutti.


Andrea Zanotti

domenica 4 dicembre 2022

Recensione: Scienza ritegno di Antonio Pilato [Rating 7] - recensione a cura di Peg Fly

 


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Opera: Scienza ritegno

Autore: Antonio Pilato

Editore:Mario Vallone

Genere: Narrativa contemporanea, weird

Target: Young adult

Rating: 7

Sinossi:

Zaccaria Carrasco vive ad Alma e lavora all’interno di una fabbrica. In seguito a un lutto familiare ha approfondito gli studi sulla percezione. 

Mentre sfoglia alcune pagine per le sue ricerche, l’occhio finisce su una parola, un termine scientifico che lo incuriosisce a tal punto da sembrare quasi un dejà vu: il vocabolo è ‘scoptofobia’ (paura di essere osservati). 

Le poche ore in cui non lavora e in cui non dorme si dividono fra le faccende burocratiche e appassionate letture all’interno della maestosa biblioteca di Alma: è infatti avvenuto proprio in quel luogo il primo incontro, prettamente lessicale, fra lui e la scoptofobia. 

Tra le pagine di un libro antico, Zaccaria trova la storia del piccolo Kopèo: il fanciullo, costretto a seguire gli imponenti moniti dei suoi genitori, con il compito di imparare il ‘controllo’, non come per le discipline umanistiche e con le discipline matematiche, bensì con una tecnica diversa e assai inquietante. 

In quel momento, la curiosità stravince sul buonsenso e continuando a leggere, comprende che quella povera creatura è obbligato a osservare tutto ciò che lo circonda in maniera continua anche di notte.

Un giorno, mentre il piccolo sembra essere sprofondato nel sonno, per rendersi conto dello stato di allerta del figlio, il padre si avvicina reggendo tra le mani un misterioso oggetto: ‘L’imperfetta fusione tra una fisarmonica e un grammofono’...


Recensione:

Di questo autore ho già letto i romanzi: “Bambini scomparsi, e “Incubi grotteschi di esiliati sognatori”, quindi ne conosco lo stile sobrio e la leggerezza della narrazione.

Sulla scia narrativa di Lovecraft possiamo annoverare senza ombra di dubbio Antonio Pilato.

“Scienza ritegno”, è una novella Weird che di grottesco ha molto ma anche perché siamo sulla scia dell’introspezione dell’Io, di come noi esseri umani fino a che punto siamo in grado di guardarci dentro, o allo specchio e riconoscerci per ciò che siamo in realtà, e non ciò che mostriamo agli altri. 

Ho ritenuto la lettura molto fluida dove gli stati d’animo dei personaggi sono messi a nudo, si modificano a ogni passaggio a ogni frase dialogica o meno. A volte si immedesimano con l’ambiente nel quale interagiscono e ne assorbono il cupo, il terrore, il buffo o il grottesco, (Ionesco) dall’inquietudine al surrealismo, il tutto arricchito da un finale degno dei migliori scrittori del genere weird che ti sbalordisce, ti ammalia e ti induce a riflettere su ogni minimo significato nascosto che l’autore abilmente inserisce durante il corso della storia. (Siamo a livelli di psicologia freudiana).

Che dire, un’ottima scrittura Weird dal risultato più che azzeccato. 

Consigliato agli amanti del genere e a chi vuole approcciarsi ad esso.

Nota: Geniale inserire a ogni capitolo le lettere dell’alfabeto greco, voto 7.


Peg Fly



giovedì 1 dicembre 2022

Disfida nr. 157: Amazònia: La mano dello Xsei di Gianvito Cirami VS Richard K. Morgan

 



Titolo opera: Amazònia, la mano dello Xsei

Autore: Gianvito Cirami

Editore: pubblicazione indipendente

Genere: fantascienza/biopunk

Prezzo: 4.99 kindle, 14.99 copertina flessibile, 22.99 copertina rigida.

Sinossi:

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Safe Harbor, la città dove il destino di ognuno è già scritto nei geni. Un pistolero telepatico che non si prende la colpa dei propri errori, una ninja mutante che conosce solo il dovere, un simbionte gentile che deve, ma non può, fare a meno della sua IA, divenuta senziente e pericolosa, non hanno nulla in comune se non il trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. 

Lando, Nue, Temu e HPY finiranno loro malgrado in una cospirazione più grande di loro, tra gli intrighi del Magìster Lisboa, che vuole mantenere una tecnocrazia utopistica ma piena di divisioni, per non ripetere a Safe Harbor gli errori che hanno condannato Vecchia Terra al crollo mille anni prima, e i misteri dell’antica civiltà scomparsa di Amazònia, che solo Raiki, una ragazzina speciale, potrà risolvere. 

Anche a centinaia di anni luce e molti geni di distanza, quello a cui ciascuno anela è scegliersi il proprio destino.

 

Note/Commenti/Finalità dell’autore:

Amazonia è nato un po’ per caso, da qualche scena alla Indiana Jones, qualche B-movie giapponese e parecchio interesse per l’astrofisica e le superterre potenzialmente abitabili. Piano piano ha iniziato a ospitare una società distopica su un pianeta realmente esistente, intrighi politici, segreti alieni, una flora e una fauna mostruose, tecno-ninja mutanti, cyborg simbionti e molto altro.

Nel giro di un anno si è popolato e trasformato in qualcosa di inaspettato in cui, attraverso i conflitti e le voci dei personaggi è stato possibile esprimere molteplici idee: su come la politica spesso non riesce a essere un mezzo per le persone per raggiungere obiettivi nobili, ma diventa il fine per cui si compiono atti ignobili; su come a volte, pensando di fare il bene per gli altri, li si controlla semplicemente, raccontandosi bugie per giustificarsi (Lisboa); su come a volte si fa la cosa sbagliata per le persone giuste (Raiki); su come l’anima sia una sostanza impalpabile che ci definisce e non può essere imbrigliata in una configurazione di 1 e 0 di un cervello sintetico; di come le IA, col libero arbitrio, possano essere pericolose e imprevedibili, a volte più empatiche degli umani; su come il libero arbitrio a volte porti a sbagliare, ma sia uno sbagliare necessario per evolvere; su come a volte l’eccesso di inclusività a tutti i costi porti una mente più rigida e nuovi pregiudizi; sulla perdita del valore della vita umana e l’inaridimento morale; su come, a mille anni e anni luce di distanza, gli esseri umani siano sempre gli stessi, come lo erano nell’antichità e lo sono oggi, solo in forme diverse, ma compiendo gli stessi errori; sull’incomunicabilità che a volte non può essere rotta nemmeno con la telepatia; su come i media e i social possano letteralmente creare dal nulla eventi storici mai avvenuti (eventi di Kolkhis), stravolgendo la vita di molte persone e cambiandone i destini e su come a volte il destino è una forza inarrestabile a cui è inutile e controproducente opporsi, ma va abbracciata.

Insomma, c’è parecchia carne al fuoco. Pur essendo temi seri, ho cercato di trattarli in modo non troppo drammatico, ma in una storia colorata che si muove molto veloce e su più fronti e con parecchia azione, un po’ di noir, parecchio cyber/biopunk, sempre con un occhio alle basi scientifiche e alla plausibilità. Per quanto alcune soluzioni possano sembrare estreme, è tutto plausibile e frutto di numerose ricerche. Ho anche cercato di creare un setting completo ed evocativo, con personaggi piuttosto complementari e in cui ho provato a scavare il più possibile. Amazònia è uno splendido pianeta ridente, diversamente da molta letteratura distopica, l’oscurità e i drammi stanno dentro i personaggi. Buona lettura!

 

Big da sfidare: 




Altered Carbon di Richard K. Morgan

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Andrea Zanotti

sabato 26 novembre 2022

Recensione: Ombre nella pietra di Alex Coman [Rating 7] - recensione a cura di Peg Fly

 


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Opera: Ombre nella pietra

Autore: Alex Coman

Editore: Delos Digital

Collana: Dystopica

Genere: Fantascienza, distopia

Formato: ebook 1,99 Euro

Target: Young/adult

Rating: 7

Sinossi:

Per poter entrare nella Bolla erano costretti a indossare l’ombra, ma rinunciando a ogni dignità umana.

Monte Alto è circondato dall’oceano l’aria è fredda e corrosiva, la gente per poter sopravvivere è costretta a vivere nelle caverne agognando la vita nella Bolla, dove la natura prospera e l’aria è incontaminata. Lo sanno bene Mina e Robi, due fratelli, che, per poter entrare nella Bolla, sono costretti a indossare l’ombra, rinunciando alla loro libertà e portando a termine gli incarichi assegnati dal collare. Le ombre non sono autorizzate a parlare con i cittadini, non sono autorizzate a fare nulla se non espressamente richiesto.

Solo così possono respirare l’aria tossica fuori dalla Bolla per un massimo di 150 ore.


Recensione:

Sopravvivenza, azioni, sentimenti intrinsechi del vero essere umano nel momento del bisogno narrate in poche pagine, ma c’è di più. Fialette di antidoto per vivere, una Bolla di sopravvivenza per non respirare l’aria contaminata e fredda.

“Ombre nella pietra” di Alex Coman è un racconto che espone la drammaticità del vissuto di due fratelli orfani, Mina e Robi. I due giovani hanno perso la famiglia da piccoli e ora possono contare solo su loro stessi e sulle proprie forze. Per i due ragazzi, l’unico modo per andarsene dalle fatali caverne di Monte Alto, è quello di essere costretti a diventare schiavi della Bolla, che li riduce a ombre, privandoli della dignità di un essere umano. I due ragazzi vivono così in un mondo gelido e sterile, con la promessa che un giorno potranno raggiungere la libertà in una terra che è stata promessa loro dai padroni che muovono i fili delle loro vite. Una terra che però sembra davvero ancora molto lontana, quasi irraggiungibile, o forse addirittura irreale.

La vita fuori dalla bolla mette a dura prova i due ragazzi, che ce la metteranno tutta per vivere  il loro futuro in un ambiente più umano, migliore di quello che hanno vissuto fino a ora, costretti a servire come ombre per i cittadini della bolla e a sottostare ai loro più perversi desideri per potersi curare grazie a delle fialette e ad avere 150 ore di tempo fuori dalla Bolla per respirare aria pulita.

Tutto questo se riusciranno a portare a termine gli incarichi per i “padroni” della bolla.

(Il riferimento al razzismo lo si evince a ogni pagina. Perché credo che fosse questa l’intenzione dell’autore)

Il racconto è scritto in terza persona alternando il punto di vista di Robi con quello di Mina, una ragazza riflessiva, e secondo me un personaggio che l’autore ha messo poco in rilevo in confronto di Robi, soprattutto nella parte finale del racconto. Nonostante la brevità della narrazione, la scrittura aiuta a condurre il lettore al centro dell’ambientazione distopica e ad amare fin da subito i protagonisti e la loro disperazione, attenuata a volte da sprazzi di serenità ma che si alterna alla violenza di uomini senza scrupoli e maledettamente ingiusti, come esecrabili sono le ingiustizie che i due protagonisti subiscono, soprattutto dalla loro vicina di casa, donna orribile, egoista e opulenta, la quale pretende con le minacce la metà del contenuto delle fialette dei due ragazzi, così come i suoi figli, criminali incalliti e senza scrupoli.  

Il mondo distopico narrativo è ben costruito e interessante in tutte le sue sfaccettature. Di solito preferisco romanzi lunghi e articolati, ma inaspettatamente la lettura di questo romanzo breve si è rivelata più piacevole di quanto avessi immaginato.

Ottimo il ritmo e il finale del romanzo breve che sembra portarti lontano dalle comodità di noi esseri umani, ma che sa esprimere l’ingiustizia e la crudeltà del mondo. Perché sì, i due protagonisti vivono in un mondo diverso dal nostro, ma è inevitabile pensare a quanto si assomiglino.

Non solo è breve e scorrevole, ma è imprevedibile e toccante. Non potrete mai immaginare quello che succede l’attimo successivo, ne rimarrete semplicemente stravolti.

L’autore racconta una storia in cui bene e male sono ben separati e ci presenta un mondo nel quale di bontà ce n’è ben poca. Insomma, non solo i due protagonisti si ritrovano a combattere contro un’aria rarefatta e dunque nociva, ma persino contro l’essere umano. Spietato, crudele, non lontano comunque dalla nostra realtà, se pensiamo a quante persone rimangono indifferenti alle disgrazie e ai dolori del prossimo.

Infine vorrei fare una riflessione sul finale, inaspettato che non avrei mai immaginato di leggere. Lo trovo più che azzeccato per una storia di questo genere, capace di lasciarti a bocca aperta e con un po’ di delusione. Capace di farti arrabbiare perché l’ingiustizia continua e la giustizia va a farsi benedire. Tuttavia, credo che l’autore sia riuscito nel suo intento, perché se un lettore arriva a provare questa sensazione di impotenza, beh, chapeau. L’autore, in effetti, ha saputo avvolgere la narrazione in una nuvola di un potere così straordinario, che ti trascina in media res all’interno delle anime dei suoi personaggi, tanto da rimanerne soggiogata nonché incantata, come se tu vivessi le stesse loro emozioni, le loro stesse sofferenze. Questo secondo me è il pregio della storia, condensata in poche pagine.

Ottimo il riferimento alla connessione Internet tra i personaggi, che di così lontano e inverosimile non c’è niente, se vogliamo.

Uno scenario distopico originale. Una prosa fatta di frasi brevi e dai ritmi incalzanti. Belle le ripetizioni, denotano una consapevolezza di stile. Breve ma intenso e con molti spunti di riflessione. Tra tutti il mondo digitale da cui dipendiamo e che spesso si sostituisce al nostro relazionarsi di persona.

Ottima l’idea del numerare gli incarichi delle ombre attive come quelle di Mina. La 128 nella casa, 2088 della Bolla di Monte Alto.

Non sono amante del genere distopico ma questo racconto di Alex Coman mi ha proprio convinto.

Complimenti all’autore

Consigliato, voto: 7.


Peg Fly


martedì 22 novembre 2022

Disfida nr. 156: Anabasi Project di Andrea Zanotti VS Dan Simmons

 


  • Titolo opera: Anabasi Project, il lato oscuro del Metaverso


  • Genere: distopico, esoterismo, fantascienza

  • Prezzo: ebook 3,99 – cartaceo 14,56

  • Sinossi:


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Anabasi Project è un potente gioco, una realtà virtuale che va oltre i confini dell’umano, regalando il Paradiso ai vincitori e condannando i perdenti all’Inferno. Chi è coinvolto in questa sfida metterà in palio la sua stessa anima e andrà incontro a una spietata realtà.


  • Note/commenti/finalità dell'Autore:

Anabasi Project è un esperimento, un genere nuovo per me, un romanzo autoconclusivo nel quale ho cercato di inserire i temi che mi sono cari in questo stralcio della mia vita. Dalla Cabala magica al cristianesimo, dalla teosofia alla realtà virtuale e alla potenza e fascinazione che le tecnologie moderne hanno sulle nuove generazioni (e non solo), senza alcun limite apparente di buon senso. 

Non credo sia difficile rendersi conto di ciò che ci circonda, basta volerlo. È sufficiente fare due passi in strada per accorgersi del numero di persone che camminano come zombie con il cellulare perennemente in mano, perse (rapite?) in mondi “altri”. Chi ha figli sa di per certo le battaglie che occorre portare avanti per tentare di tenerli lontani per qualche ora dai vari gingilli d’intrattenimento (coatto). 

Anabasi Project affronta questi temi spingendo l’analisi a quello che potrà succedere a breve, quando i demoni prenderanno dimora permanente nel Metaverso, ideale incubatore per queste entità.


  • BIG da sfidare:


Scelgo Ilium di Dan Simmons, un romanzo fantascientifico sui generis, capace di mixare diverse varietà narrative, fondendo mitologia ed esplorazione spaziale, storia e psicologia con un unico denominatore comune vincente: una fantasia lasciata libera di esprimersi alla massima potenza. Un Maestro.


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domenica 20 novembre 2022

Recensione: Andrea e Andrea, thriller d'amore e di mafia Elsa Zambonini Durul [Rating 6] - recensione a cura di Dada Montarolo

 


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Titolo: Andrea e Andrea

Autore: Elsa Zambonini Durul

Editore: Pubblicazione Indipendente

Formato: kindle e cartaceo

Genere: Thriller

Prezzo: ebook € 0,00 edizione cartacea € 13,00

Rating:

Sinossi:

Leggendo per errore una lettera indirizzata alla nuova coinquilina Andrea, Lisa, la protagonista, apprende che la donna è in fuga da un grave pericolo e che la sua presenza minaccia la sicurezza di tutto il condominio nel centro di Istanbul, vista Bosforo. Andrea é incinta e, durante un ricovero in una clinica, avvengono due gravi fatti. Nei sotterranei della struttura si consumano un omicidio e il ritrovamento di un neonato nascosto e abbandonato in uno stanzino segreto, che fa supporre un traffico di bambini. Purtroppo, al momento dell’omicidio Lisa, incinta a sua volta, era presente nella clinica e quindi finisce fra gli indagati. A questo punto investigare, pur nel suo stato, diventa pura autodifesa. Arriva così nell’inferno del campo per immigrati siriani dell’isola di Lesbo, dove lei e il compagno Emre corrono un grave pericolo.

Alle avventure legate all’intricata vicenda, si aggiungono squarci narrativi, la storia d’amore fra i siciliani Andrea e Andrea turpemente ostacolati dal mafioso locale, ed è proposto qualche dilemma. Per esempio: è lecito per un agnello, che ne ha per un attimo l’opportunità, eliminare un lupo per salvare i numerosi agnelli che quel lupo sicuramente ucciderà in futuro? Oppure: come può porsi una madre violentata nel gestire il rapporto avvelenato dall’odio che si instaura fra lei e il suo bambino, figlio del mostro? Quando ci si allontana dalle note gravi delle parti drammatiche, il tono del linguaggio sa assumere note spumeggianti e ironiche.

 

Recensione: 

Mettiamo che una signora decida di preparare un minestrone. Siccome è una buona cuoca, avvezza alle insidie di pentole e fornelli, si preoccupa di trovare gli ingredienti giusti, tutti freschissimi, di origine certificata, se non addirittura comprati dal contadino biologico che abita lì, a due passi da lei. Adesso tocca alla bilancia e ai tempi di cottura, mica si butta tutto dentro al pentolone e poi si va a fare altro mentre ‘sta roba sobbolle in solitaria: calibrare i sapori e trovare il modo giusto di esaltare odori e aromi di ogni singola verdura non è robetta da poco, ci vogliono dita dal tocco angelico e spietatezze da Torquemada, tutte cose che la signora di cui stiamo parlando conosce bene. Pulisce, raschia, lava, sistema. Finalmente pronta a iniziare la cottura, preme il tasto per accendere il fuoco e tutto comincia ad andare storto: l’acqua non bolle, il brodo s’irrancidisce, il sale non sala, le verdure si spappolano. Misteri dell’arte coquinaria.

L’ho presa un po’ alla larga ma mi è sembrato il giusto paragone per parlare di questo “Andrea e Andrea” di Elsa Zambonini Durul. Gli ingredienti giusti ci sono tutti: mafia, violenza, tratta di neonati, campi profughi, giornalismo investigativo, amore, maternità; l’ambientazione è suggestiva, Istambul e l’isola di Lesbo con i suoi orrori sembrano lo scenario ideale per un giallo ansiogeno, di quelli che se non arrivi fino in fondo ti inseguono come “It”. Eppure, dopo un avvio promettente di alta tensione, tutto si diluisce in una brodaglia insipida: i personaggi sono ingessati nelle loro peculiarità, non hanno quei mutamenti, quelle crescite anche umorali che movimentano le azioni, sono prevedibili, perfino noiosi nei loro stati d’animo sempre uguali, nei dialoghi che talvolta sembrano lezioncine imparate a memoria per compiacere lettori di bocca buona.

Di materiale per lavorarci sopra ce ne sarebbe davvero tanto. Basta guardare all’intrico di situazioni e di combinazioni (vabbè, qualcuna è un po’ forzata ma nessuno è perfetto) e con qualche semplice tocco di sapiente psicologia di cui ritengo capace l’autrice, ecco che ognuno dei personaggi spiccherebbe il volo verso altre dimensioni in grado di acchiappare il lettore e portarlo incantato a spasso fra gli innumerevoli risvolti della vicenda. Un esempio? Lisa, la protagonista, si agita come morsa dalla tarantola, sempre in azione, mai un ripensamento sulle proprie azioni, mai un momento di riflessione, una wonderwoman che prima agisce e poi, magari, ci ripensa ma giusto solo per quell’attimo che serve per passare ad altra impresa. Stancante, a tratti e perfino irritante quando spiega che si deve fare così piuttosto che cosà: fa venire in mente Minni, la spesso saccente fidanzata di Topolino (anche lui, a proposito di pedanteria, non scherza).

Unica voce fuori dal coro di comprimarie e comprimari che non si schiodano dagli schemi imposti dall’autrice fin dalle prime pagine, è invece Emre, il compagno di Lisa. Dotato di una personalità alquanto complessa, in perenne oscillazione fra un imprecisato numero di psicopatologie (lievi, davvero lievi), ha il grande merito dell’imprevedibilità. Non sai mai se è pronto a dare uno schiaffo alla sua donna, a proteggerla o a mollarla nel bel mezzo di un casino. Notevole.

Grande cura comunque nella stesura - un solo refuso in più di duecento pagine è qualcosa di cui, in un’autopubblicazione, andare in un certo senso orgogliosi - e nelle descrizioni a tinte deliziose del Bosforo e delle sue atmosfere.

Ultima notarella: il titolo. Così com’è, è trasparente come il peplo di una vestale, lascia intuire fin troppo presto quale sorte attende alcuni personaggi. Un po’ un peccato, trovo.

Ci aspettiamo ben altri livelli di narrazione da parte di Elsa Zambonini Durul e restiamo curiosi di scoprirli.

 Voto: 6.

venerdì 18 novembre 2022

Disfida nr. 155: Rain of Pain: Ricerca di Catarsi nella Vendetta di Maurizio Maltese VS James O’Barr

 



Titolo opera: Rain of Pain: Ricerca di Catarsi nella Vendetta 

Autore: Maurizio Maltese

Editore: Pubblicazione indipendente

Genere: hard-boiled, noir

Prezzo: ebook 3,89 – paperback 9,14 – hard cover 17,98

Sinossi:
Job Godspeed è uno “sweeper”: un sicario della malavita. Una volta però era un poliziotto newyorkese. Uno dei migliori. Gli strapparono sua moglie e sua figlia e, dopo una vendetta goffa e monca, rinacque sotto le grinfie di un boss potente e manipolatorio, che lo tirò fuori di prigione e lo rese una macchina omicida perfetta.
Un giorno scoprì di essere stato tradito, ed allora il cane da guardia della mala si trasformò in un giustiziere senza pietà.

Questa è una storia di dolore. Non di redenzione, ma di punizione. Alla ricerca di pace interiore con i colpi di pistola. Una mente fratturata ed un animo storpiato cercano la chimera della Giustizia in un mondo corrotto, dove solo la violenza ha voce in capitolo.

Note/commenti/finalità dell'Autore:
Maurizio Maltese, spezzino classe 1986: equilibrista del pensiero ed autore di milioni di storie (quasi) mai trascritte. Dottore Magistrale in Informatica Umanistica e professionalmente incostante nell’IT, è tuttavia molto più costante e sincero nella sua passione per tutto ciò che è narrazione e creatività, sia questa fatta con mezzi multimediali che tradizionali: parole, musica, immagini o sogni, spesso ad occhi aperti.
Si abbronza di più davanti ad uno schermo che sulle spiagge.
...Sa di avere un omonimo scrittore là fuori, ma non sa nulla di arti marziali del Sud-Est Asiatico.
Questo suo primissimo esordio nel mondo del self publishing si deve alla volontà di terminare una storia amata ma lasciata incompiuta da una dozzina di anni, è ciò che gli ha fatto dire “sì, io ci provo” e accettare di essere letto, oltre che di scrivere.

BIG da sfidare:


Io sfido – per scherzo, perché solo nella celia posso fingere di essere degno di questa parola – quelli che sono stati le mie assolute stelle polari quando scrissi questo racconto, ovvero: James O’Barr (Link Amazon), Shin’Ichiro Watanabe, John McTiernan. 
  





domenica 6 novembre 2022

Recensione: Ring shout di P. Djèlí Clark [Rating 6,5] - recensione a cura di Andrea Zanotti

 


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Opera: Ring shout 

Autore: P. Djèlí Clark 

Editore: Mondadori

Genere: horror, dark fantasy, storia alternativa, weird

Rating: 6,5

Target: Young/adult 

Prezzo: ebook 7,99 - cartaceo 13,30

Sinossi:

Nel 1915, il film Nascita di una nazione lancia un oscuro incantesimo sull'America: i ranghi del Klan si gonfiano come non mai, nutriti dagli istinti più orribili dei bianchi. E non è tutto. Perché sotto i cappucci si nascondono – letteralmente – mostri determinati a scatenare l'inferno sulla Terra. Ma anche i klux possono morire. E c'è chi li sa riconoscere sotto le loro sembianze umane e li uccide per vocazione. Come Maryse Boudreaux, una giovane donna tormentata da un oscuro segreto, e le sue inseparabili amiche, una sboccata cecchina e una reduce della Grande Guerra. 
Armate di spade magiche, proiettili, bombe e incantesimi, e sostenute da potenti forze sovrannaturali, lottano senza tregua per ricacciare i mostri nell'abisso che li ha partoriti. E quando un Male ancora più famelico e subdolo minaccia di varcare le porte del nostro mondo, saranno costrette a uno scontro finale da cui potrebbe dipendere il futuro dell'umanità.


Recensione:

Oggi vi presento un testo particolare, che non ricordo bene chi mi ha consigliato, ma che ugualmente approfitto per ringraziare. Intendiamoci, non siamo innanzi a un capolavoro, e non mi dilungherò nel tediarvi con i soliti mantra che un grande editore come Mondadori dovrebbe avere le palle per cercarsi in casa autori nostrani che nulla hanno da invidiare a questo P. Djeli Clark. A dire il vero se la Mondadori fosse interessata a romanzi simili a questo, che a mio parere più che dark fantasy è un weird, non avrebbe neppure bisogno di faticare tanto, basterebbe andare a pescare nella scuderia Acheron Books, ad esempio, per trovare tutto il bizzarro di gran qualità che possa desiderare. 

Torniamo a noi, a questo Ring Shout, titolo che per i più curiosi indica una danza clandestina di carattere spirituale, nata tra gli schiavi africani. Un romanzo che possiede alcuni aspetti indubbiamente interessanti. Anzitutto l’ambientazione. Siamo nel post prima guerra mondiale, e come cita la quarta di copertina in modo brillante “In America i demoni indossano cappucci bianchi”. 

Già, il Ku Klux Klan imperversa, ma il bello è che non stiamo enfatizzando quando parliamo di demoni, ma si tratta propriamente di demoni, veri e propri mostri, con tanto di piano al seguito per conquistarsi uno spazio duraturo nel nostro mondo, utilizzando noi miseri umani come riserva di cibo. 

In realtà è la nostra rabbia a costituire la loro pietanza prediletta, o almeno delle loro alte sfere, mentre la soldataglia predilige la carne di cane. Ad ogni modo, questo miscuglio fra membri reali del KKK e demoni sotto mentite spoglie è una bella trovata, ben gestita, compreso il fatto che il loro aspetto sia ai più assolutamente invisibile. Nasce così una sorta di resistenza sgangherata, della quale fanno parte le tre protagoniste della storia, accompagnate da alcuni personaggi secondari altrettanto gradevoli. 

Non attendetevi un approfondimento psicologico che vado oltre la superficialità dettata dalla brevità del romanzo, 200 paginette, né soffermatevi troppo a chiedervi i vari personaggi soprannaturali che tipo di collocazione possano avere nella cosmogonia pensata dall’autore, perché finireste solo con il rovinarvi il gusto per una storia che va assaporata come un picnic frugale, ma gustoso. Godetevi il Macellaio Clyde, la Grande Ciclope e i Dottori della Notte, senza pretendere di capire in che rapporti possano essere fra loro e perché compaiano dal nulla e apparentemente senza molto senso. Ho avuto la netta impressione che il romanzo abbia subito dei tagli qua e là e che l’autore, a mio modo di vedere ben addentro alle tradizioni “occulte” solo accennate nel libro, sia stato costretto a compattare e sintetizzare di molto una storia che lascia evidenti buchi narrativi e che avrebbe meritato spazi ben più ampi per poter approfondire molti aspetti solo accennati. Parere mio. 

 Insomma, lasciatevi incantare dall’azione e dall’imprevedibilità del tutto, perché alcune trovate sono realmente godibili, oppure, se non ne siete capaci, lasciate perdere e trovatevi un buon autore italiano consigliato su queste pagine. Di certo troverete trame più solide!   

Andrea Zanotti