Gran parte del materiale di questo articolo - esempi esclusi - è tratto e/o riadattato dal manuale “Writing Tools” dell’insegnante di scrittura Roy Peter Clark, che ringrazio immensamente!
Eccoci dunque alla seconda tecnica di “spinta” del lettore – niente spintoni fisici, per carità, riferiamoci alla semplice istigazione alla lettura!
Nello scorso articolo si è discussa la buona pratica di seminare indizi e sottili anticipazioni all’interno del testo.
Questa volta, invece, ci occupiamo di...
di...
diiiii...
...suspense!
Chiedo venia per lo sporco trucco, ma è proprio questo il succo del discorso. Perché mai avrai cliccato su “Continua a leggere...” dalla home page? Se rispondi “Per sbaglio” o “Me ne sono già pentito” mi metto a piangere. Altrimenti, dev’esser stato per via del titolo curioso dell’articolo, della mia irritante reticenza, o dei puntini di sospensione...
Immagina che il nostro baldanzoso eroe, l’investigatore Martin, cada nelle grinfie dal suo acerrimo nemico, il Becchino. Proviamo a fare un paragone tra due modi di terminare il capitolo:
Martin scorse il bianco dei denti del Becchino, prima che il coperchio della bara si chiudesse con un tonfo su di lui. Rimase immobile finché l’oscurità e il silenzio si fecero completi, quindi si mise all’opera.
In breve sarebbe stato libero, grazie agli strumenti che aveva nascosto nelle scarpe.
Oppure:
Martin scorse il bianco dei denti del Becchino, prima che il coperchio della bara si chiudesse con un tonfo su di lui. Rimase immobile finché l’oscurità e il silenzio si fecero completi.
Sepolto vivo.
O così credeva quel bastardo.
Respirò a fondo e si mise all’opera.
La prima soluzione spiega tutto subito, senza ritegno. Il capitolo finisce e il lettore - Giacomo, per esempio - sa già quel che accadrà nel prossimo. A ‘sto punto, perché darsi alla fatica di continuare? Giacomo si toglie gli occhiali, spegne la luce sul comodino e buonanotte.
Sfido Giacomo a riuscirci con il finale numero due! Come potrà prendere sonno, senza dare almeno una sbirciata all’inizio del prossimo capitolo, giusto per sapere?
È questo l’obiettivo di un cliffhanger, per usare il termine inglese: lasciare il lettore “appeso” e costringerlo a proseguire la lettura. Se hai letto qualcosa di Dan Brown, sai benissimo a che mi riferisco: per quanto i suoi testi attirino maree di critiche, giustificate o meno, io mi inchino alla potenza del suo motore alimentato a suspense!
Anche se è comprovato che un cliffhanger funziona bene soprattutto alla fine di un capitolo o di una sezione (o di una puntata, nel caso dei serial televisivi - magari subito prima della pubblicità, miserabili!) nulla impedisce di usarne all’interno del flusso della narrazione:
Martin corse nelle tenebre con quanto fiato aveva in corpo. Non aveva percorso che una decina di metri, quando sentì il terreno mancargli sotto i piedi.
Le sue dita artigliarono il bordo della fossa, appena in tempo. Era profonda, i suoi piedi dondolavano nel vuoto. Provò a issarsi sul bordo, ma la terra gli si sbriciolò sotto le unghie. Piombò nel vuoto con un lamento disperato.
L’impatto con il suolo non lo uccise, malgrado tutto. Tastò nel buio e confermò di essere caduto sul morbido. Morbido e viscido. E si muoveva sotto la sua schiena.
E così via... Ogni paragrafo si conclude con una piccola sorpresa che fa balzare gli occhi del lettore sulla prima riga del blocco di testo successivo. Come il pescatore usa il mulinello per trascinare la preda verso riva, così un testo ricco di suspense attira inesorabilmente avanti chi lo legge.
Tutto qui? Sembra banale, quasi scontato, ma non lo è. Cerchiamo sempre di osservare come i bravi narratori utilizzano i cliffhanger, e imitiamoli ogni volta che possiamo.
Per finire, tenetevi forte, perché nel prossimo articolo parleremo di...
diiii....
...non ve lo dico, mwhahaha!