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lunedì 28 marzo 2016

India. E mi fissi con gli occhi di una capra di Giorgio Serafino [Rating 7]

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Titolo: 
India. E mi fissi con gli occhi di una capra


Autore:  Giorgio Serafino

Genere: narrativa di viaggio

Prezzo: Cartaceo Euro 15,00

Rating: 7

Sinossi:“ L’inespressività dei volti e dei corpi martoriati dalla fame Non suscitano in me nessun sentimento. L’unica cosa che ho in mente è di non riuscire a tornare a casa. Quello che provo e sento è solo terrore, le notti in India sono per me senza stelle e senza luna…” Con questi versi si apre il racconto, violento e spesso psichedelico, di un viaggio attraverso un'India lontana dallo stereotipo di terra incantata e spirituale dove ritrovare se stessi. L'autore viene attirato da un mondo ammaliante fatto di città antiche, templi, danze e rituali, per poi essere divorato, pezzo dopo pezzo, lungo un viaggio che diviene quasi uno strisciare, in mezzo a sguardi ambigui e minacciosi, immerso totalmente nella crudeltà umana. Da Delhi all'infuocato Rajasthan, tra sequestro, richieste di denaro e donne magiche, per "volare" poi verso l'Himalaya, all'estremo nord del paese, tra templi buddisti, strade a strapiombo e preghiere appese nel vento.

Recensione:
“India. E mi fissi con gli occhi da capra” è un romanzo di viaggio, un’avventura fuori dall’usuale e in pieno stile visionario. Non è quindi fuori luogo nel nostro blog dedicato alla letteratura d’evasione. Già perché l’India descritta dall’autore poco si discosta da un mondo “altro”, fantastico in quanto lontano anni luce dalla realtà da noi conosciuta e sperimentata quotidianamente.
La prosa dell’autore è semplice e diretta, volta a descrivere in modo crudo e spoglio tutto ciò che gli capita senza perdersi eccessivamente in lunghe descrizioni, né ambientali, né sensoriali.
Intendiamoci, si tratta di un diario di viaggio, ma Serafino ha l’abilità di spostare il baricentro della narrazione sulla personificazione stessa del paese e dei luoghi che sta percorrendo, e cosa forse sorprendente, l’India ne esce come un mostro orribile, terrificante, sporco e cattivo.
Un mostro capace però di possedere anche una seconda faccia, diametralmente opposta e perciò splendida oltre ogni comprensione umana. Un volto accesso, sorridente e dai colori cangianti come non mai. Un mostro che personifica in modo esemplare la religione indù, all’interno della quale le mille divinità possiedono sempre una duplice valenza, non essendo mai del tutto buone o cattive, ma avendo tratti mutevoli e camaleontici.
Il protagonista assoluto è, come tutti noi possiamo immaginarci, il contrasto feroce fra la povertà e la sporcizia delle megalopoli che uccidono la terra, ed i paesaggi immacolati e grandiosi dell’Himalaya e delle piccole patrie formate dai paesini rurali, ancora incontaminati.
Eppure, pur conoscendo tutti questa discrasia, l’autore è bravo a farcela percepire in modo concreto grazie alla sua esperienza personale diretta. Ho trovato il tutto ben fatto e originale, mai noioso. 
Un’avventura, con tratti horror (per chi come me non avrebbe mai il fegato di mettere piede in una delle stanze “d’albergo” descritte dall’autore), senza un finale scontato e quindi godibile dalla prima all’ultima pagina.
Una cosa che invece mi ha lasciato parecchio perplesso è la presenza della compagna dell’autore e la sua “gestione” all’interno dello scritto.
Sempre presente, ma immancabilmente silente, una sorte di testimone muto che tanto mi ha ricordato la donne indiane descritte nell’opera, tristi, meste e sottomesse, rassegnate a svolgere i propri lavori in silenzio e all’infinito in una sorta di penitenza più simile a inferno che purgatorio. Giuliana è libera, emancipata, vaga per il mondo, ma l’autore le dedica poche battute lasciandola perennemente nell’ombra.
Certo il libro è un viaggio anche interiore, un disposto stringentemente personale, però non si può evitare di notare, con una punta di fastidio, la pochezza del personaggio di Giuliana, e non sono certo un fan del femminismo intendiamoci!
Ad ogni modo l’intento forse era di focalizzare l’attenzione del lettore sullo stato mentale dell’autore, sulla sua difficile accettazione della situazione, sulla sua solitudine non solo “spirituale” ma fisica. Circondato, strattonato e soffocato dai milioni di indiani che tentano di vendergli qualsiasi cosa, il protagonista non riesce a trovare un contatto neppure con l’unica persona che dovrebbe sostenerlo, finendo quasi per considerarla una delle tante figuranti prive di un ruolo proprio. Sarei curiosi di avere il riscontro di qualche altro lettore a riguardo.
Altro punto debole di questo pregevole scritto è a mio avviso il prezzo di copertina: 15 Euro per meno di 150 paginette in formato tascabile mi sembrano un esborso eccessivo e fuori mercato. Mi spiace perché il contenuto è pregevole e di sicuro valore, però il lettore finale potrebbe non avere la tentazione di sperimentarlo trovandosi innanzi un prezzo oggettivamente elevato.
Segnalo infine all’interno del testo la presenza di alcuni spunti “poetici”. Confesso di non capirci nulla in materia, però posso dire che, a pelle, li ho trovati molto gradevoli e azzeccati, illuminanti quasi nella esplicitazione dei sentimenti del Serafino.
Suggestive infine le fotografie presenti alla fine dell’opera, anche se il bianco e nero non rendono piena giustizia alla loro maestosità, ma questo problema è facilmente risolvibile andando sul sito dell'autore. 
Insomma, un voto finale difficile da attribuire. Direi un 7 alla fin fine, con un consiglio all’autore di rendere disponibile il testo anche in ebook così da poterlo offrire a un prezzo più accessibile.
L'autore ha anche pubblicato altri testi editi da Mursia Editore, sempre estratti dai suoi viaggi in vespa in giro per il globo:






- L'America in vespa. Da Chicago a Los Angeles sulla Route 66

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