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lunedì 15 ottobre 2018

Recensione: Yohnna e il Baluardo dei Deserti di Andreina Grieco [Rating 6]


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Titolo: Yohnna e il Baluardo dei Deserti 


Editore: Edikit

Genere: Fantasy

Prezzo: ebook 2,99 euro/ cartaceo 14,00

Rating: 6

Sinossi: Yohnna, giovane arrotino, sopravvive ad alterne fortune con il suo talento per i pugnali da lancio, la sua furbizia e una certa dose di sarcasmo. Smarrito nel deserto, in preda alla sete stappa una bottiglia trovata tra le sabbie e libera il malefico Jinn protettore dei Deserti. 
Dovrà imparare a convivere con l’abominio che ha liberato perché lo spirito lo perseguiterà con la scusa di un terzo desiderio ancora da esprimere.
Horèb, gigantesco Jinn dallo spiccato humor nero, svolge alla perfezione il compito di guardiano dei Deserti, salvo fatto il vizio di divorare esseri umani. Liberato dopo secoli, deve fare i conti con una nuova vita in cui non può più uccidere, pena la dannazione eterna. Ma le tentazioni sono sempre in agguato.
Tra palazzi sontuosi, combattimenti a colpi di sciabola e duelli di magia, Yohnna trascina il Jinn in una partita d’astuzia dall’esito incerto. Ma non è importante sapere chi vince finché si continua a giocare.

Recensione: 
Il romanzo in breve
Yohnna è un giovane arrotino di una Persia fiabesca che, fuggendo nel deserto, trova una bottiglia magica e libera Horeb, un malefico djin. Il gigantesco spirito lo tortura e lo perseguita senza però poterlo uccidere. Andreina Grieco vorrebbe tenere una vena umoristica ma, a causa della mancata alchimia tra i due protagonisti, la risata tarda ad arrivare. Questo libro è un’occasione mancata, pone le basi per una mitologie interessante e non scontata, ma poi le lascia in disparte concentrandosi su altro.
Punti di forza
La Grieco conosce l’oriente: l’uso di alcuni termini e un paio di  suggestioni descrittive mi fanno pensare che quei luoghi li abbia bazzicati di persona. Non a caso la figura del djin e le sue origini sono la parte più accattivante e dettagliata dell’intero libro. I djin sono affascinanti perché percepiscono se stessi come i buoni, gli eroi della storia, e forse in un certo senso lo sono. Mostri enormi, creati da Re Salomone, caratterizzati da un cromatismo che ne definisce un po’ anche il carattere. Mostri con la missione di difendere il pianeta, che vivono secondo un’etica differente da quella umana e per questo dall’essere umano sono condannati. Mostri che non comprendono la condanna perché ritengono di aver svolto egregiamente il compito affidato (giudizio che condivido). Devo ammettere di aver tifato per loro. Avrei voluto molte più pagine sulla famiglia di Horeb, avrei voluto un libro solo su di loro. 
Note dolenti
Se dovessi riassumere il difetto di questo libro in due parole, sarebbero: non decolla. Per tutta la durata del romanzo non mi è mai importato davvero di quel che succedeva. Nessuna empatia. Lo stile della Grieco non è malvagio, ma è vago. Il mondo, le vicende, le stesse emozioni dei personaggi, tutto è appena accennato. Pochi dettagli, poco approfondimento sulle motivazioni, tutto scorre senza rimanere inciso nella mente. 
Persino la vicenda è ridotta ai minimi termini: il ragazzo nel deserto libera il jinn, passano quattro anni (non narrati), il ragazzo assalta il palazzo di un mago. Con una trama del genere chiedere un arco di trasformazione sarebbe troppo, ma almeno un briciolo di evoluzione sì. Invece i due protagonisti condividono le scene senza instaurare un rapporto, senza cercare di comprendersi, senza mai ascoltare davvero cosa sta dicendo l’altro. L’impressione è che alla fine del libro siano ancora due estranei, che le pagine lette siano state inutili. 
Una menzione particolare va fatta per le regole a cui il djin deve “sottostare”. Le ho trovate pretestuose e inefficaci per gestire entità magiche, giustificabili solo dalla demenza senile di Salomone o dalla giovinezza narrativa dell’autrice (che le piega in base alle necessità della trama).     
Voto: 6


                                                                                                                           Pippo Abrami

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