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Sinossi:
l romanzo orientaleggiante Vathek (titolo originale Vathek, o in alcuni testi Vathek, an arabian tale) rese il suo autore, il viaggiatore e scrittore inglese William Beckford, molto più famoso dei suoi libri di viaggio.
Recensione:
Finito di leggere Vathek di William Beckford rimango un po’ perplesso. Beckford compose Vathek in francese nel 1785, di getto, in tre soli giorni e due notti e lo pubblicò in inglese a Losanna nel 1787. Un romanzo breve che forse non sono riuscito a inquadrare bene. Forse, molto semplicemente, mi attendevo qualcosa di diverso, o forse non sono riuscito a cogliere sottesi più profondi.
Rimane il fatto che si tratta di un romanzo d’avventura, di viaggio, condito da un finale dal sapore stucchevolmente dolciastro di morale senza appello per i peccati che contraddistinguono l’agire umano.
Vathek è infatti una dura rappresentazione della crudeltà umana e di quell’Inferno in terra derivante dalla protervia dell’uomo, perennemente concentrato sulla sopraffazione reciproca e sulla natura. Immancabilmente affamato di potere, ghiotto di lusinghe materiali, e pronto a sacrificare qualsivoglia istanza spirituale, l'uomo descritto da Beckford non gode di alcuno sconto capace di lenire un'esistenza effimera e volta a bassezze sempre più indicibili.
Verremo trascinati in viaggi mirabolanti che spazieranno in ambientazioni sempre diverse, spazio e tempo perderanno tuttavia il loro senso, sopraffatti dalle malefatte del protagonista.
Il califfo Vathek è infatti un personaggio che non cerca di ottenere la benevolenza del suo pubblico. Si presenta invece spregevole, dedito a una ricerca scriteriata del potere, bizzoso e capriccioso e succube del volere della madre arpia.
Neppure quando trova la donna capace di scatenare in lui l’amore “purificatore” riesce a conquistarsi un briciolo di empatia e non certo perché io sia un amante dei paladini senza macchia, quanto per la sua totale inettitudine, il suo essere perennemente in balia degli eventi, senza neppure la coerenza per perseguire la via “delle acque corrosive” che ha contraddistinto la sua esistenza nel momento in cui ha scelto di voltare le spalle ad Allah per volgersi a entità maggiormente disposte a favorirne le pulsioni.
Se devo ammetterlo la parte che ho apprezzato maggiormente è la postfazione del curatore dell'opera nella quale vengono descritte le innumerevoli peripezie della vita dell'autore William Beckford, il che è tutto dire.
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