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lunedì 12 dicembre 2022

Recensione: Rain of Pain, Ricerca di Catarsi nella Vendetta di Maurizio Maltese [Rating 8] - recensione a cura di Dada Montarolo

 


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Titolo: Rain of pain, Ricerca di Catarsi nella Vendetta 

Autore: Maurizio Maltese

Editore: Pubblicazione Indiendente

Rating: 8

Genere: Thriller, hard-boiled

Prezzo: Per la versione italiana Euro 3,89 ebook, Euro 9,14 copertina flessibile, Euro 17,98 copertina rigida.

Per la versione inglese Euro 5,25 ebook; Euro 9,33 copertina flessibile; Euro 18,72 copertina rigida.


Sinossi:

Job Godspeed è uno “sweeper”: un sicario della malavita. Una volta però era un poliziotto newyorkese. Uno dei migliori. Gli strapparono sua moglie e sua figlia e, dopo una vendetta goffa e monca, rinacque sotto le grinfie di un boss potente e manipolatorio, che lo tirò fuori di prigione e lo rese una macchina omicida perfetta.

Un giorno scoprì di essere stato tradito, ed allora il cane da guardia della mala si trasformò in un giustiziere senza pietà.

Questa è una storia di dolore. Non di redenzione, ma di punizione. Alla ricerca di pace interiore con i colpi di pistola. Una mente fratturata ed un animo storpiato cercano la chimera della Giustizia in un mondo corrotto, dove solo la violenza ha voce in capitolo.


Recensione: 

Ho un debito di riconoscenza verso Maurizio Maltese. Senza di lui non avrei conosciuto l’alternative/groove metal, parole che mi rimangono ancora ostiche ma che hanno fatto da chiave per entrare in un mondo musicale finora sconosciuto. Tutto è nato dal titolo del lungo racconto dello scrittore spezzino: quel “Rain of pain” mi rintronava nel cranio, appena ho avuto il testo davanti, ancora prima di leggerlo, ho deciso di avventurarmi alla ricerca dell’origine di una tale scelta titolosa e per istinto mi sono rivolta all’universo delle sette note. 

Uno dei pochi contatti seri con la musica contemporanea l’avevo avuta tempo fa intervistando il maestro Azio Corghi: avevamo parlato a lungo del prologo “Parole gelate” dalla sua opera lirica “Gargantua”, una composizione a metà fra inferno e carnevale, di sofisticata esasperazione. Ritrovarmi alle prese con la band Mudblood e il loro roco sussurio Rain of pain in apertura del brano “Exist or fade” è stata un’esperienza a dir poco singolare. Non so se Maltese si sia ispirato a loro o viceversa, non so se la scelta di quelle tre parolette sia stato un caso fortuito di “corrispondenza di amorosi sensi” fra lo scrittore e i musicisti.

So però che mi hanno riportato alla mente proprio quelle “Parole gelate” del compositore piemontese. Perché il testo di Maltese è crionico, costruito sul ritmo di una pioggia raggelante di apparente assenza di emozioni, inquietante nella rassegnata, lucida costruzione di una catarsi studiata a tavolino, con dissonanze talvolta selvagge, talvolta addomesticate.

Di per sé la storia è quasi banale: un ex poliziotto cerca e trova vendetta per la strage che gli ha distrutto la famiglia. Nella bella, esaustiva introduzione (ma perché molti scrittori non fanno lo stesso? Eviterebbero al lettore rocambolesche evoluzioni fra supposte interpretazioni e dubbi destinati a restare tali anche a fine lettura) Maltese evoca, per esempio, le truci interpretazioni di Bruce Willis e spiana la via all’immaginazione di chi sta per leggere aggiungendo pure altri rimandi corposi a film, personaggi, storie.

Persino i comprimari sembrano scontati: il boss Sullivan irlandese con tanto di barbetta rossiccia (possibile non esistano irlandesi cattivi di nero pelo, vien da chiedersi); il vecchio Walken, killer algido e impermeabile anche alle ferite più mortali; Aeris, la mogliettina perfettina, innocente origine di ogni guaio. Senza dimenticare il gesto tenerello dell’assassino, prossimo a compiere una strage, per salvare una coppia di creaturine che di solito finiscono spiaccicate sull’asfalto; o le sue cazzutissime armi, Deimos e Phobos. O ancora la capacità del protagonista di volteggiare in aria schivando pallottole e coltelli, a metà strada fra Matrix e Zorro. Eppure, in mezzo a tanta ovvietà, Job Godspeed, il protagonista, fin dalle prime righe è un diamante nero di sfavillanti, repentini bagliori nella dolorosità della vicenda e continua a splendere di oscurità fino al gesto finale che non è sconfitta ma, appunto, salvifica catarsi. Sembra quasi, a ultima parola letta, che Maltese abbia volutamente riempito il suo racconto di ovvietà per far risaltare meglio e illuminare con un abbacinante occhio di bue quanto sia difficile trovare soluzione a una tragedia. Qualsiasi tragedia.

Il linguaggio è lineare, tecnico come un manuale d’uso per le armi, a tratti fumettistico tanto le azioni si accavallano, sovrapponendosi in una tridimensionalità che lascia poco all’immaginazione del lettore ed è un bene perché il ritmo della narrazione è eccellente e qualsiasi deviazione distrattiva toglierebbe dinamicità.

Singolare pure l’anticipare, fin dal sottotitolo, l’evolversi della storia, quasi una provocazione rivolta al più classico degli schemi costruttivi di una storia, come se Maltese volesse riscrivere la grammatica della drammaturgia. Ma è questione per ora irrisolta, vedremo in futuro come l’autore evolverà. Qualche piccola sbavatura qua e là, qualche minuscola imperfezione ma nulla che sottragga sostanza al lavoro.

Esiste anche una versione in inglese del racconto, encomiabile iniziativa che speriamo trovi un giusto riscontro, se non altro per premiare lo sforzo di spingersi oltre i confini della nostra lingua con tutti i rischi e le incognite di una tale scelta.

Voto: 8.

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