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martedì 10 ottobre 2017

Recensione: Halo. Flood di William C. Dietz


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Sinossi: 
Dopo essere sfuggito per un soffio alla distruzione di Reach, l'equipaggio della nave è costretto a saltare nell'iperspazio nella speranza di evitare lo scontro con la vasta alleanza aliena decisa a spazzare via l'umanità. Ma il salto li porta di fronte ad un remoto angolo dell'universo dove si trova uno spettacolare mondo a forma di anello... L'ultima speranza di sopravvivenza dell'umanità è atterrare sulla sua superficie e portare sulla terraferma lo scontro con i Covenant. Presto si scoprirà, però, che questo enigmatico anello è molto più di ciò che sembra. Costruito centomila anni prima dalla civiltà dei Precursori, questo "Halo" è adorato dai Covenant come un artefatto sacro. Non si fermeranno davanti a nulla, pur di poterlo controllare. In mezzo a un feroce scontro a terra, Master Chief e Cortana esplorano le profondità dell'Halo e scoprono un segreto oscuro: questo enigmatico mondo ad anello è anche la più pericolosa arma dell'universo. Il suo scopo? La distruzione di tutta la vita senziente. I Precursori avevano costruito l'Halo per fermare il più temibile nemico dell'universo, una forza virtualmente incontenibile, e adesso risvegliata, nota come Flood.

Recensione: 
Dopo aver recensito con entusiasmo il primo volume della serie, “Halo - la caduta di Reach” di Eric Nylund, mi trovo un po’ spiazzato nel dover ammettere che questo seguito non si sia rivelato all’altezza del predecessore.
“Halo – Flood” di William C. Dietz mi ha lasciato con l’amaro in bocca in quanto i presupposti lasciati in eredità dal primo volumi erano dei migliori e credo si sarebbe potuto fare molto meglio. L’autore come avrete notato è cambiato, e già questa mi pare una cosa piuttosto bizzarra. Purtroppo nel cambio credo che la Saga di Halo ci abbia perso. Lo stile di Dietz (forse anche la traduzione non ha aiutato?) mi pare piuttosto piatto, la narrazione punta molto sull’aspetto della mera azione militare, che alla lunga si fa piuttosto noiosa e ripetitiva. Spulciando fra i volumi che compongono questa epopea mi rendo conto che dal terzo, l’autore sia tornato Nylund, quindi forse la mia impressione è stata condivisa anche da altri, a ben vedere. Ad ogni modo, tornando a concentrarci su “Flood”, possiamo dire che ha il merito di presentarci l’Halo, la costruzione artificiale di proporzioni planetarie che dà i natali a tutta la saga, anche se lo fa con descrizioni altalenanti: a tratti confusionarie, sono di qualità alterna. Alcune ben fatte, altre rendono difficile al lettore immaginare come diavolo sia fatta quella che i Covenant ritengono un’arma capace di eliminare la razza umana... ma non solo.
Insomma l’Halo è l’unica fonte di sorpresa a tutti gli effetti, visto che la società Covenant, almeno quella strettamente militare, ci viene svelata dal romanzo e risulta perdere gran parte del suo fascino, mostrando una similarità alla razza umana che definirei fastidiosa. Non solo la componente sociologica, con strutture gerarchiche e linee di comando che ben poco si distaccano da quelle di qualsiasi esercito umano, ma fino a livello di sentimenti dei singoli. Che gli alieni siano mossi da paura o desiderio di vendetta, si tratta di comportamenti identici a quelli degli uomini… insomma, l’autore poteva sicuramente impegnarsi di più per dare origine a qualcosa di originale. Forse era troppo impegnato con la gestione dei Flood, ma anche questi per la maggior parte sanno di già visto. Ad ogni modo costituiscono almeno un aspetto capace di dare un minimo di slancio ad un romanzo che rimane purtroppo una lunghissima sequela di scontro a fuoco, che anche se ben descritti, alla lunga vengono a noia risultando ripetitivi, vanificando quanto di buono imbastito nel primo romanzo. La pedanteria con la quale l’autore si sofferma a ripeterci che il protagonista si sofferma a raccogliere l’ennesimo caricatore di proiettili della tal arma dal cadavere di turno è disarmante. Anche la gestione di Master Chief, l’ultimo degli Spartan rimasti in vita, si fa meno brillante ed equilibrata. Ora lo Spartan si muove e combatte alla stregua di una divinità inarrestabile. Personalmente la cosa mi ha dato non poca noia, arrivando a farmelo percepire alla stregua di un bullo capace di annientare schiere di “poveri” Covenant indifesi. Insomma si rasenta il grottesco. Un vero peccato!
Il ricordo dei memorabili scontri fra le flotte dei contendenti presenti ne “La caduta di Reach” rende il confronto totalmente disarmante, lasciandomi con il dubbio amletico se continuare o meno la lettura di questa Saga.

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