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sabato 14 ottobre 2017

Recensione: La contrada dei tagliatori di pietra di Flavia Guzzo [Rating 8]


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Titolo: 
La contrada dei tagliatori di pietra


Autore: Flavia Guzzo

Genere: Romanzo storico, letteratura di montagna

Prezzo: Ebook Euro 5,99, Cartaceo 14,25

Rating: 8

Sinossi: Enego, l'Altopiano di Asiago, le donne, la guerra: un romanzo sulla vita nell'Altopiano di Asiago a inizio '900, sulla Grande Guerra, sull'esodo totale dell'Altopiano di Asiago avvenuto fra il 1916 ed il 1917.  

1901: Teresa, della Contrada dei Tagliatori di pietra, Altopiano d’Asiago, ha una madre vedova, donna passionale, che a sessant’anni suonati morirà fra le braccia di uno sconosciuto venuto da chissà dove, ha una sorella, Antonia, bigotta intransigente ed ipocrita, che, pur se vergine ed inesperta, non esiterà a forzare il suo facoltoso ma pio fidanzato ad un rapporto sessuale per guadagnarsi il desiderato matrimonio, e ha un amore, Meni, per il quale manderà a monte il suo matrimonio a pochi giorni dalle nozze.
Corteggiata dal capitano Osvaldo, giovane di buona famiglia attratto dal nascente movimento futurista e dalla bellezza un po’ brusca di Teresa, consigliata dalla vecchia Perpetua Italia, che deve il nome ad un padre attivista nei moti anti-austriaci del ‘48, l’infedele ed eccessiva Teresa trascorre una vita tranquilla, o quasi, in compagnia del marito Meni, dei suoi figli, dei tanti parenti e conoscenti della contrada. Si occupa delle sue vacche, del suo orto e, di quando in quando, di contrabbando di tabacco.
Fino a che il giovane Gavrilo, a Sarajevo uccide con pochi precisi colpi di pistola l’arciduchessa Sofia e l’erede al trono di Austria-Ungheria, scatenando la Grande Guerra.
Una guerra dura durante la quale nulla sarà risparmiato a Teresa e ai suoi figli: battaglie cruente alle porte di casa e lunghi ed ansiosi periodi di stasi; poi, dopo l’irruzione dei soldati d’Austria-Ungheria a Caporetto, la lunga fuga forzata che li porterà, profughi e senza nulla, fino a Campobasso; infine, l’incontro con la peste del secolo, la terribile febbre Spagnola. Li accompagneranno nei duri anni di guerra e dell’esilio, buoni amici e nemici insidiosi: fra i tanti, Suor Matilda, che si cura dei soldati feriti con energica competenza ed un linguaggio non proprio consono alle sue vesti di religiosa; Edoardo, nella vita civile attore di teatro che, ferito in guerra, perderà un piede ma non il suo senso dell’umorismo; la graziosa Emma, maestra dei figli di Teresa che, a detta di tutti, ragiona meglio di un Generale con gradi e stellette; il cavalleresco Maggiore Donelli, che perdonerà a Teresa un’uscita poco felice; lo squallido tesoriere, che proporrà a Teresa profuga un ora di sesso in cambio del sospirato sussidio. Fino alla fine, il 4 novembre del 1918, in cui niente sarà più come prima.

Recensione: 
Mi sono approcciato a questo romanzo con un po’ di perplessità, ad esser sincero, in quanto temevo l’argomento non fosse propriamente nelle mie corde. Diciamo che quando non mi balocco con scritti di antropologia delle religioni e di dottrine ermetiche, prediligo affrontare testi assolutamente di puro svago, con buone dosi d’azione e capaci di ricostruire mondi “altri” ben distanti dalla realtà che ci circonda. Devo ammettere invece che “La Contrada dei tagliatori di pietre” mi ha subito convinto a proseguire nella lettura. In questo gran parte del merito va attribuito alla prosa eccellente dell’autrice. Quando ci si imbatte nel talento, quello vero, non ci vogliono poi molte pagine per accorgersene, e in questo caso credo proprio di non sbagliare. Fatta questa premessa, passiamo alla recensione vera e propria.
Ho parlato del mio amore per i mondi “altri”, ebbene, a ben vedere, quello che ci narra la Guzzo, pur essendo distante solo un secolo dal nostro viver quotidiano, appare come lontano anni luce. Il progresso ha fatto passi da gigante, facendoci presto dimenticare quella che era la vita quotidiana degli inizi del XX secolo e che, visto che oramai non sono più un giovincello, era a tutti gli effetti la vita dei miei nonni. Purtroppo non ho mai avuto modo di dilungarmi a parlarne con loro, quindi devo dire che il testo mi ha permesso di rimediare, almeno dal punto di vista prettamente formativo a questa lacuna. Cosa volete che vi dica, a conti fatti, la vita contadina di allora mi appare, seppur piena di difficoltà, decisamente più ricca di quella che ci troviamo a sperimentare oggigiorno. Il romanzo ha la capacità di trasmettere in modo del tutto naturale l’amore per le cose semplici, per quella vita di paese e di montagna capace di rendere le comunità più unite e la vita più in sintonia con i ritmi della natura. La realtà descritta cozza in modo dirompente con quella attuale sotto tutti i punti di vista, portandoci, o perlomeno portandomi, a riflette su quali siano i reali benefici apportati dai cento anni di presunto progresso, che hanno portato gran parte delle persone a vivere mangiando surgelati e scatolette, in città sovraffollate e inquinate, con i bambini costretti a giocare soli, chiusi in casa, magari fronte monitor o fronte cellulare. Ok, devo costringermi a non andare oltre, d’altro canto questa è benzina gettata sul fuoco delle miei idee antimoderniste, quindi torniamo al romanzo prima che questa recensione prenda una brutta piega.
Abbiamo detto dell’abilità dell’autrice nel ricostruire in modo piacevole l’epoca trattata, ma nel romanzo non c’è solo questo. La storia, dopo la prima parte dedicata alla “ricostruzione” storica e famigliare della protagonista e parenti, viene drammaticamente sconvolta dai colpi di cannone degli austrungarici e dallo scoppio della grande guerra. L’impatto di questa svolta epocale è amplificato dalla collocazione spaziale nella quale è ambientata la vicenda: l’altopiano di Asiago e i suoi comuni. Veniamo quindi catapultati in prima linea e ci troviamo a rivivere i momenti drammatici che hanno vissuto quelle genti in modo molto coinvolgente. Non era certo l’epoca di internet e dell’informazione in real-time e l’autrice è capace di trasporre in modo encomiabile l’incertezza del caso, ribaltandola nel vissuto quotidiano dei protagonisti. Ben fatto, nulla da dire!
Tutta la storia ruota sul personaggio principale di Teresa, donna a dir poco affascinante, non solo per le sue “doti” fisiche, ma soprattutto per il suo temperamento. Inutile sottolineare la ricostruzione magistrale del personaggio, che nell’arco del racconto viene sviscerato in modo perfetto. Impossibile non appassionarsi alle traversie che occorreranno alla donna ed ai suoi cari nel corso degli anni, rendendo il romanzo avvincente e istruttivo nella sua ricostruzione storicamente accurata. Un’occasione per conoscere in modo quanto mai concreto e avvincente la storia del nostro paese. Insomma, un romanzo da leggere con piacere e da consigliare anche a chi è in cerca, oltre che di rivivere le nostre comuni origini, di un lavoro scritto veramente bene. Rating 8 

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