Un contenitore sconclusionato per tutto quello che aiuta ad estraniarsi dalla realtà, senza dover ricorrere all'utilizzo di sostanze psicotrope
Il chioschetto dell'ebook propone:
mercoledì 30 dicembre 2020
Disfida nr. 129: Fuoco sotto la terra di Giulia Esse VS R. F. Kuang
domenica 27 dicembre 2020
Recensione: Azael - Le origini di Antonio Venezia [Rating 7] - recensione a cura di Dada Montarolo
Titolo: Azael – Le origini
Autore: Antonio Venezia
Editore: Il Seme Bianco
Collana: Ranuncolo
Genere: fantasy
Formato: cartaceo
Prezzo: € 15,10
Sinossi:
Azael è un demone mezzosangue che si guadagna da vivere uccidendo mostri e creature infide per conto di vari signorotti e re. Durante le sue missioni si imbatte in pittoreschi personaggi che esaltano il suo ego e fanno affiorare in lui ricordi di tempi passati. Si ritroverà, suo malgrado, a dover combattere contro la sua stirpe per salvare i regni settentrionali dai temibili demoni reali.
Recensione:
Di solito siamo abituati a considerare i demoni come creature perfide, crudeli e mosse da istinti distruttivi. Li troviamo antipatici fin dalla loro prima apparizione in un romanzo o in un racconto e da lì, salvo rari casi eccezionali, non ci schiodiamo più fino all’ultima parola. Questo non succede con Azael, il protagonista del romanzo omonimo – primo di un serie, mi è sembrato di capire dal sottotitolo “Le Origini” – di Antonio Venezia.
Fin dalle prime pagine intuiamo che non è un demone qualunque e che a sua volta porta dentro di sé altri demoni, se mi passate il gioco di parole, che lo tormentano dilaniando ciò che, se fosse umano, chiameremmo coscienza. In verità Azael è un mezzosangue, mezzo demone e mezzo uomo e di entrambi ha preso la parte non peggiore o migliore ma quella più vulnerabile. Da sempre oscilla fra il desiderio istintivo di aiutare i deboli e i sopraffatti e quello di nutrirsi dell’essenza stessa dell’umanità, intrappolando e poi consumando le anime delle sue vittime in una sorta di cannibalismo che lui stesso si illude sia purificatore. Si aggira in un mondo barbaro dove rivalità, guerre e contrasti sono le costanti, mettendo la sua abilità di combattente al servizio mercenario di chi vuole qualcosa e allo stesso tempo si tiene il diritto di decidere se l’impresa per cui viene ingaggiato è giusta e merita di essere accettata o meno. Di contro, non esita a infilarsi in situazioni, talvolta disperate, di salvataggio senza chiedere nulla in cambio.
Bellissimo e tormentato ama, inganna e a sua volta viene ingannato: tutto gli sfugge e lo fugge e a poco valgono gli aiuti, i consigli dell’amico e alchimista Zakath nella cerca di una pace che non è nel suo destino. Perché proprio nella nascita di Azael si nasconde un segreto e come gli ricorda la maga Meralia “Il destino è un segreto che ognuno di noi si porta dentro, consapevole che prima o poi dovrà farci i conti”.
L’autore melfitano ha creato un personaggio complesso, dai tratti caratteriali contorti che sarebbero piaciuti a Egon Schiele per uno dei suoi ritratti. Crudele eppure generoso, Azael è in perenne conflitto con se stesso e imprigionato nella dualità quasi amletiana, in una non-identità che lo rende smarrito e gli impedisce di scegliere la propria via. Cosa che probabilmente avverrà nel sequel del lavoro. Per ora è un eroe incompiuto che si aggira in un labirinto di specchi deformanti, un diamante grezzo in attesa di essere sfaccettato.
Lo stile è abbastanza sciolto e vivace, penalizzato purtroppo da una manciatina di refusi, un po’ di confusione nella punteggiatura, qualche incongruenza nella narrazione (magari voluta, come la partita a poker, decisamente fuori contesto e comunque ardita nella collocazione, anche perché non supportata da altre situazioni atipiche per l’ambientazione) ma nel complesso un buon lavoro, retto soprattutto da una trama che acchiappa e fa desiderare di conoscere come andrà a finire.
Rating:7.
venerdì 25 dicembre 2020
Buone feste, letture e riflessioni
martedì 22 dicembre 2020
Recensione: La città & la città di China Miéville
Quando si prende in mano un romanzo di China Miéville lo si fa per il desiderio di trovare qualcosa di nuovo, qualcosa di bizzarro, e anche questa volta, con La città & la città, il nostro campione del new weird non si smentisce.
Ammetto di averci messo parecchie pagine a calarmi in questa realtà fatta di due città che condividono il medesimo spazio fisico. Attenzione, a dividerle non c’è un muro di Berlino qualsiasi, ma la sola convinzione condivisa di trovarsi in due luoghi distinti, sorretta da una ridda di regole che obbligano gli abitanti dell’una a “disvedere” ciò che avviene nell’altra, e viceversa. Avete capito bene. Si cammina per strada e al vostro fianco potrebbe esserci un cittadino dell'alta città, nella sua città, e voi dovreste far finta di non vederlo, proseguendo per la vostra strada, nella vostra città. Spazi condivisi, regole diverse, mondi diversi. A vigilare su tutto, con occhio attento e braccio forte, c’è appunto la Vigilanza, uomini senza volto, ma dai poteri che appaiono illimitati e dalle decisioni presumibilmente infallibili.
In Perdido Street Station, Miéville mi aveva convinto in quanto ad originalità e trama, tuttavia mi era risultato piuttosto prolisso. In questo romanzo invece tutto scorre più rapido e piacevole. Una volta calati in questa realtà all’apparenza assurda, risulterà del tutto piacevole indagare i retroscena e i sottesi psicologico-sociali che essa comporta. Una sorta di poliziesco distopico molto ben caratterizzato, in un ambiente ricostruito con maestria. Il protagonista è il classico stereotipo del detective duro e puro, ma riesce a conquistare nel corso della narrazione anche se non viene approfondito particolarmente il suo di aspetto psicologico. L’analisi dell’autore è tutta rivolta all’esterno, alle istituzioni e alle situazioni di questo micromondo diviso e condiviso e anche l’attenzione del lettore è risucchiata in questa realtà. Nel mio caso è riuscito a coinvolgermi, non sono certo possa funzionare con tutti, quindi a livello di consiglio non saprei che dire. Qualche pennellata di mistero e qualche inseguimento a cavallo fra le due città sovrapposte sono quello che Miéville ha da offrirvi in quest’opera. Niente razze bizzarre e poteri sovrannaturali alla Perdido Street Station, vi avviso, siamo su un altro mondo, con le sue regole bislacche, ma molto più simile alla realtà quotidiana che sperimentiamo tutti i giorni. Forse anche più di quanto possa apparire a prima vista...
domenica 20 dicembre 2020
Recensione: Lo Skryun di Vincenzo Valenti [Rating 7] - recensione a cura di Andrea Zanotti
Titolo: Lo Skryun: un altro giro di ruota
Autore: Vincenzo Valenti
Editore: Pubblicazione Indipendente
Formato: EPUB e cartaceo
Genere: Fantasy, weird
Prezzo: Euro 2,99 ebook, Euro 8,99 copertina flessibile
Sinossi:
La guerra tra elfi e nani infuria ormai da innumerevoli inverni. Ai fratelli Doerwer e Marx Aarvo, carristi dell'esercito imperiale nanico, viene assegnata una missione avvolta nel mistero: risalire in superficie con il loro Corazzato e raggiungere una zona di scarsa importanza strategica, non lontana dal confine con le Steppe Brune, il territorio di caccia degli orchi. Cosa nasconde quel remoto lembo di terra all'ombra delle Montagne Discarica? Ha forse qualcosa a che fare con il Sole Morto che da sempre incombe sul Sole Vivo?
Recensione:
Lo Skryun di Vincenzo Valenti è una saga di fantasy alternativo, come avremo modo di capire, della quale Un altro giro di ruota costituisce il primo episodio. Questo è il limite maggiore del testo in effetti, poiché si tratta in effetti di una introduzione all’universo immaginato dall’autore e poco più. Non parlerei infatti di romanzo vero e proprio, quanto di novella. Un tascabile di quasi 140 pagine scritte con un font molto grande, cosa peraltro che posso anche apprezzare, date le diotrie che mi mancano. Fatta questa doverosa precisazione, indispensabile per non tradire le aspettative dei potenziali lettori, la storia non è affatto male.
Il mondo immaginato da Valenti brilla per originalità e lascia molto ben sperare per il seguito. D’altro canto la sinossi ci aveva messi in guardia, così come il layout e la grafica di copertina. Breve inciso sull’oggetto libro in sé. Come detto si tratta di un formato tascabile, con una copertina del tutto “straniante”, soprattutto per chi è abituato a pegasi volanti e maghi con mantelli svolazzanti. Io l’ho trovata molto gradevole nelle sue geometrie precise e i rimandi alla simbologia massonica. Anche il contenuto è ben curato, pochi refusi e chiarezza nella breve esposizione della struttura dell’opera. Tutto ben fatto e professionale.
Per tornare al contenuto, siamo al cospetto di un fantasy con le sue razze classiche, ma reinterpretato, per fortuna aggiungo io, in modo del tutto personale. I protagonisti, due fratelli nani, uno dei quali porta l’impegnativo nome di Marx, sono due carristi dell’impero formato da questa razza, all’interno del quale i soldati si chiamano fra loro compagni… capite bene che l’ambientazione suona bizzarra al punto giusto, soprattutto perché supportata da una scenografia che sa molto di mondo post-apocalittico, con ampi territori destinati a discariche e catene montuose costituite da rifiuti di ogni risma. Anche gli elfi si allontanano dai canoni classici mantenendo in pratica solo le odiate/amate orecchie a punta. Volano su alianti che fanno dell’unione fra magia e tecnica il loro segreto, nonché arma migliore. Sono muti e parlano solo con la forza del pensiero. Hanno strane appendici simili a proboscidi e non vado oltre per non rovinarvi il fascino della scoperta.
La prosa del Valenti è buona e fa della semplicità un marchio di fabbrica. Una semplicità non certo banale, con l’utilizzo appropriato della terminologia tecnica quando occorre, ad esempio nella descrizione dei marchingegni bellici nanici, aumentando notevolmente lo spessore e la credibilità delle sua opera narrativa. La trama si avvale di numerosi flashback, utili per la caratterizzazione dei protagonisti, pur mantenendosi del tutto lineare e ben gestibile. Purtroppo la brevità del testo non ci consente di approfondire più di tanto la vicenda, troncando il finale con l’accetta come si può tranquillamente dire in senso figurativo. Insomma, i presupposti per una bella saga ci sono tutti, staremo a vedere come riuscirà a portarla avanti l’autore, anche dal punto di vista della cadenza delle uscite dei volumi successivi.
Al momento il mio voto è un bel 7 pieno, in attesa di conferme. Un testo che mi sento di consigliare agli amanti del popolo dei nani e a tutti coloro che amano letture rapide e “in serie”.
venerdì 18 dicembre 2020
Disfida nr. 128: La fila di Simone Perazzone VS Franz Kafka
martedì 15 dicembre 2020
Recensione: Dannati di Glenn Cooper
Lo chiamano Oltre. Alcuni sono appena arrivati in quel mondo così simile al nostro eppure così diverso. Altri invece sono lì da secoli e sono ormai indifferenti alla perenne coltre di nubi che nasconde il sole e all'atmosfera cupa che li circonda. Ma ognuno di loro condivide lo stesso destino: dopo essere morti, sono stati condannati per l'eternità. Sia che abbiano scritto a caratteri di fuoco il loro nome nel grande libro della Storia - tiranni sanguinari, sovrani spietati, criminali di guerra - sia che nel corso della loro oscura esistenza si siano macchiati di colpe incancellabili, adesso sono tutti relegati in quel luogo maledetto. Tutti, tranne John Camp. Lui è "vivo", ed è lì per sua scelta. Perché ha giurato di salvare la donna che ama. Durante un audace esperimento di fisica delle particelle, la dottoressa Emily Loughty è scomparsa nel nulla e, quando si è deciso di ripetere il procedimento per capire cosa fosse successo, John si è posizionato nel punto esatto in cui lei era sparita e... in un attimo è stato catapultato nel mondo chiamato Oltre. E ora deve affrontare il male assoluto per ritrovare Emily e riportarla indietro. Ma il tempo a sua disposizione è poco, e tutti e due rischiano di rimanere per sempre prigionieri nella terra dei Dannati...
RECENSIONE:
Io ancora ci caso alle volte. Questo giro è il turno di Dannati di Glenn Cooper. Leggere un best seller moderno, sperando di trovare qualcosa di originale è proprio fuori luogo.
Ok, l’idea dell’inferno così strutturato è carina, ma tutta la realizzazione della seguente trama è piuttosto monotona. Nonostante si tirino in ballo un sacco di personaggi storici, dal Caravaggio a Himmler, da Stalin a Robespierre e Garibaldi, il nocciolo del racconto rimane quello di una sorta di risiko, a blando contenuto strategico, giocato sul tabellone della terra-inferno. A parte le celle di putrefazione, nessuna chicca e trovata particolare capace di arricchire la vicenda. Insomma, una mezza delusione.
Anche la prosa dell’autore non ci regala particolari slanci, rimanendo piatta e lineare e dal ritmo cadenzato e costante. Intendiamoci, Dannati non è un brutto libro, si lascia leggere, la storia scorre liscia senza incappare in ostacoli, ma per la mole di pagine di cui è costituita poteva di certo regalare qualche approfondimento maggiore. Ci troviamo innanzi a un sacco di big della storia, ma nessuno di essi viene valorizzato a dovere. Certo, non sono loro i protagonisti, ma dato il loro lignaggio avrebbero meritato una maggiore considerazione. Non è sufficiente sparare il nome per caratterizzare la figura storica. Ad ogni modo un romanzo che può andar bene per chi legge un paio di libri l’anno, giusto per portarselo in spiaggia, senza dover neppure accendere il cervello, lasciando che le pagine scorrano in modo naturale (e anestetizzante) come le onde della risacca. Personalmente non è riuscito a convincermi a proseguire nella lettura dei rimanenti tomi della trilogia.
sabato 12 dicembre 2020
Recensione: La grande casa bianca di Maurizio Gramolini [Rating 7,5] - recensione a cura di Dada Montarolo
giovedì 10 dicembre 2020
Disfida nr. 127: Fantasmi a Portogreco di Andrea Andorivìr VS Stephen King
Titolo opera: Fantasmi a Portogreco
Autore: Andrea Andorivìr
Editore: Nulla Die
Formato: ebook e cartaceo
Genere: avventura/mistero
Prezzo: 12 €
Sinossi:
Una strana processione di luci appare in mare aperto e finisce nella Grotta dei Morti, dove è sepolta la "madre più antica del mondo". Tre ragazzi partono all'avventura: un'aspirante archeologa, un inventore pasticcione e un ristoratore innamorato della propria terra e dell'archeologa. Riusciranno a dimostrare che i fantasmi esistono?
Note/commenti/finalità dell'Autore:
Avventura e amicizia, archeologia e mistero, amore per la propria terra che si sta spopolando, rapporto nonno/nipote, maternità - questi sono i temi a base dell'intreccio.
BIG da sfidare:
martedì 8 dicembre 2020
Recensione: L'ombra del vento di Carlos Ruiz Zafón
sabato 5 dicembre 2020
Recensione: Chiudo gli occhi di Floriana Naso [Rating 7] - recensione a cura di Peg Fly
mercoledì 2 dicembre 2020
Disfida nr. 126: Il falco di Mirco Tondi VS Luis Sepulveda
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domenica 29 novembre 2020
Recensione: Gli imperi delle Sabbie di Andrea Gualchierotti [Rating 7,5] - recensione a cura di Andrea Zanotti
mercoledì 25 novembre 2020
Segnalazione: Un Canale Di Ruolo
Oggi vi conduco fuori dal seminato, non me ne vogliate a male. Per una volta non parleremo di libri, ma di una bella iniziativa ad opera di un gruppo di amici, appassionati di giochi di ruolo, nonché miei concittadini.
Non ci allontaneremo quindi poi molto dai nostri ambiti di competenza. Sempre di narrazione e di storie si parla, anche se vissute in modo differente.
Inevitabile per me ripensare agli anni nei quali pure io mi baloccavo con queste attività ludiche. Ricordo la Bolzano degli anni '90 e posso tranquillamente dire che non forniva certo l'habitat adatto ad allestire gruppi di giocatori variegati. Chi giocava di ruolo era guardato come un "diverso" (in un'epoca nella quale il diverso non andava tanto di moda) e le serate dei ritrovi venivano scambiate dai più per sabba da streghe. Peccato che nelle presunte coven alle quali ho partecipato io non ci fosse neanche l'ombra, non dico di una strega, ma neppure di una fanciulla. Non esistevano le giocatrici di ruolo, almeno non a Bolzano. Grande rammarico.
Vi sembrerà impossibile ma la Bolzano di allora era indietro anni luce rispetto al resto d'Italia. Giochi da tavolo che andassero oltre Risiko e Monopoli erano introvabili, figuriamoci i giochi di ruolo. Ricordo ancora i viaggi con gli amici a Verona per riuscire a procurarsi il materiale.
Ok, prima di iniziare a piagnucolare come un vecchietto rancoroso, torno al progettino dei baldi giovani, ben decisi a riscattare il buon nome di una Bolzano priva di cultura ludica, che mi auguro permanga solo nella mia memoria: nasce così Un Canale di Ruolo, ossia un luogo nel quale sviscerare tutti gli aspetti più tecnici dei GDR, dagli strumenti narrativi al galateo del buon giocatore. Mi sono dilungato sin troppo, e me ne scuso. Lascio quindi la parola direttamente alla presentazione fornitami dal Team.
domenica 22 novembre 2020
Recensione: Dream Halls di Massimo Prevete [Rating 7] - recensione a cura di Peg Fly
martedì 17 novembre 2020
Recensione: Il collasso dell'impero di John Scalzi